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Dalle cantine del Carso, vere e proprie opere d’arte scavate nella roccia calcarea, escono circa 600 mila bottiglie all’anno provenienti dai vitigni Vitovska, Terrano e Malvasia, per un fatturato stimato in 6 milioni di euro. Un ampio focus sui vitigni del Carso si focalizza il Rapporto ‘Industria alimentare’ del Sole 24 Ore che sarà domani in edicola. Quella del carso è una produzione di nicchia, visto che lo spazio a disposizione per i viticoltori è una virgola di terra rossa di soli 400 ettari per cui il Consorzio dei vini del Collio e del Carso (35 cantine aderenti) lavora, puntando soprattutto all’esportazione di alto profilo. Una bottiglia su tre tra quelle prodotte in questa terra viene infatti venduta all’estero: il mercato più importante è quello della Mitteleuropa, ma sono in crescita anche Usa, Regno Unito, Giappone e Russia. Ecco perché, secondo l’opinione del Consorzio, l’unica possibilità di aumentare la produzione vitivinicola per far fronte all’aumento di domanda dall’estero è quella di estendere i vigneti, chiedendo una bonifica del costone carsico per aumentare gli ettari coltivabili; l’altra alternativa sarebbe la delocalizzazione in Slovenia. Ma bisogna semplificare i vincoli di carattere ambientale, territoriale e urbanistico che bloccano ogni aspirazione di espansione dell’attività e di aumento della produttività del comparto.