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“L’Organizzazione produttori italiani tabacco, promossa dalla Coldiretti Umbria, è nata seguendo l’esigenza manifestata da tanti produttori agricoli, di razionalizzare le filiere, attuare al meglio il concetto di filiera corta, aumentare il potere contrattuale dei produttori, rendendoli sempre più diretti protagonisti del comparto agricolo”: lo sottolinea Albano Agabiti, presidente Coldiretti Umbria. Lo fa in merito – è detti in un comunicato dell’organizzazione agricola – al convegno sul tabacco, in programma al centro servizi di Cerbara, ricordando come tra gli obiettivi della nuova Op, ci sia quello di consentire di contrattare direttamente con il trasformatore o meglio ancora con la manifattura, eliminando i costi intermedi e garantendo così un maggior prezzo ai produttori. “Il comparto del tabacco – sottolinea Gennaro Masiello, vice presidente nazionale di Coldiretti, presente a Città di Castello – è importante sia per il reddito delle imprese, che per la quantità di occupati. Una filiera che sta vivendo un momento di profonda incertezza anche a causa dei cambiamenti della politica agricola comune, con la proposta della Commissione Ue che abbiamo fortemente contestato, perché penalizzante per tutta l’agricoltura italiana, oltre che per la tabacchicoltura. Al di là delle politiche di sostegno al comparto comunque, deve essere posta maggiore attenzione agli aspetti organizzativi, eliminando gli sprechi e valorizzando la parte agricola. Per questo motivo abbiamo particolarmente apprezzato le scelte di quelle organizzazioni di produttori che hanno deciso di razionalizzare la propria struttura, costituendo un’unica organizzazione formata da produttori singoli in grado di concentrare la produzione, ridurre i costi ed aumentare il potere contrattuale dei produttori”. Una filiera, quella del tabacco – ricorda Coldiretti – che occupa 60 mila persone, con un giro d’affari stimato in media sui 300 milioni di euro l’anno. Il tabacco in Italia viene coltivato principalmente in Campania (35%), in Umbria e Veneto (25% ciascuna) e il restante tra Toscana, Lazio e Abruzzo e venduto alle maggiori multinazionali. “Una sola organizzazione manifatturiera, Philip Morris Italia – ribadiscono Agabiti e Masiello – ha confermato l’acquisto di prodotto italiano per il triennio 2011-2013 e questo può garantire certezze di reddito per le imprese, ma non basta a soddisfare l’intera produzione nazionale. Anche le altre aziende manifatturiere devono confermare gli acquisti in modo da dare più respiro ai produttori. Stiamo mettendo in campo una forte politica a sostegno del comparto, che parte da una razionalizzazione della parte agricola per aumentare l’efficienza e ridurre i costi, ma evidentemente chiediamo alle manifatture e imprese di trasformazione di impegnarsi sul prodotto italiano e alle istituzioni nazionali ed europee di comprendere la reale importanza della tabacchicoltura e attuare politiche eque per il comparto evitando ingiustificate penalizzazioni”.