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Anche i consumatori, sia dei paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo, traggono beneficio dal disporre di un’ampia varietà di piante ed animali, perché ciò contribuisce in modo decisivo ad una dieta nutriente: spesso le comunità rurali hanno un accesso limitato ai mercati e diventa indispensabile la disponibilità della più ampia gamma di alimenti locali.
Quello che spesso noi consumatori non sappiamo è che il cibo che mangiamo è “creato” dalle poche aziende multinazionali che dominano il mercato dei prodotti agricoli e di quelli zootecnici: i semi di soia, di mais e delle altre colture che i contadini acquistano sono tutti della stessa varietà e non sono fertili, cioè non si riproducono (o molto poco), costringendo gli agricoltori a rifornirsi l’anno successivo dalla stessa multinazionale per poter continuare nel tempo a produrre.
LO SAPEVI?
Il 99% dei tacchini allevati negli Stati Uniti appartiene ad una varietà che sviluppa un petto molto ampio, da cui l’industria alimentare ricava la fesa di tacchino. Il petto è così ingombrante che impedisce ai tacchini di riprodursi: solo l’inseminazione artificiale fatta dall’uomo può garantire la sopravvivenza di questa specie, mentre in natura solo l’1% è capace di riprodursi da solo.
Nel 1840 l’Irlanda aveva scelto di basare la propria economia su un’unica varietà di patata, ma quando un fungo attaccò le coltivazioni distrusse tutti i raccolti del Paese, generando una situazione di carestia in tutta la nazione.
fonte eat-ing