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Il gelso è un albero tipico del paesaggio brianzolo, un tempo largamente diffuso giacché le sue foglie erano alimento prelibato delle larve dei bachi da seta.
Come succede sovente nelle economie più semplici, le more di gelso (altrimenti dette moroni) divennero presto un frutto impiegato nella piccola gastronomia contadina, tanto a crudo (condite con succo di limone per modularne il gusto troppo dolciastro e stucchevole), quanto cotte.
Il gelso, il baco, la seta
La lavorazione della seta, come è noto, si sviluppò in Italia nel Medioevo sotto influsso del contatto con le civiltà orientali, prima a Palermo e successivamente a Lucca e a Venezia.
Probabimente la lavorazione dei filati si diffuse prima della bachicoltura: anzi, la bachicoltura (e la conseguente coltivazione del gelso) fu imposta per legge, per sostenere le esigenze produttive e ridurre l’importazione.
In Lombardia la lavorazione su larga scala fu importata a Milano da Filippo Maria Visconti che chiamò da Firenze una colonia di maestri tessitori e tintori.
Già nel 1471 Galeazzo Maria Sforza impose nella campagna milanese la piantagione di 5 gelsi su ogni 10 pertiche di terreno, onde promuovere la bachicoltura.
Il maggiore impulso fu però dato da Ludovico Sforza, che favorì l’espandersi della coltura del gelso in tutto il Ducato, comprendente a quei tempi anche l’alto Lario ed il Canton Ticino.
La passione di Ludovico fu tale che la mora di gelso entrò financo nel suo stemma gentilizio, oltre che nel suo soprannome (Ludovico il Moro).
La coltura del gelso e la lavorazione della seta continuarono nei secoli successivi più a Nord, soprattutto in Brianza e a Como, per l’ampia disponibilità di corsi d’acqua necessari a muovere le prime macchine.
Preparazione per 4 porzioni:
MORE DI GELSO (Morus rubra): 500 g
SUCCO DI 4 LIMONI: 100 g
ZUCCHERO: 3 cucchiai
Delle due varietà note (morus alba e morus nigra), quest’ultima è la più adatta agli usi gastronomici, essendo meno dolciastra, più succosa e acida.
Il suo colore rosso scuro è dovuto al peculiare contenuto in sostanze fenoliche della categoria degli antociani.
Come tutte le more e i frutti di bosco, è molto ricca in vitamina C e vitamine del gruppo B. La sua maturazione è rapida, cosicchè l’uso migliore è quello di confezionare confetture o sciroppi.
Ormai scomparsa (essendo abbandonata la coltura del gelso) dagli usi gastronomici, non viene praticamente più commercializzata: soltanto a Napoli, rimane traccia della tradizionale vendita delle more di gelso adagiate nelle foglie, per mantenerle fragranti e profumate, accompagnata dal grido musicale del gelsaio.
Mettere le more in un tegame di terracotta;
portarle all’ebollizione, rimescolando col cucchiaio di legno;
versare lo zucchero ed il succo di limone;
versare in una zuppiera e coprire affinchè facciano un po’ di sugo;
mettere al fresco e servire.
Varianti:
invece delle more scure, si possono impiegare le more bianche (morus alba sativa), che sono un po’ più insipide.
Le more di gelso cotte si servono con gallette, fette di dolci induriti, biscottini.
Il vino di accompagnamento deve essere liquoroso: Moscato secco o dry dell’Oltrepò
fonte buonalombardia