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Otto italiani su dieci ritengono che debba essere indicato obbligatoriamente nelle etichette dei prodotti un “contachilometri” che misura le emissioni di gas ad effetto serra dei prodotti acquistati, al fine di verificarne l’impatto ambientale e sui cambiamenti climatici. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sul rapporto realizzato dall’Eurobarometro della Commissione Europea nel 2009, per verificare l’attitudine dei cittadini europei al consumo sostenibile.
Secondo lo studio, gli italiani si dimostrano più interessati al “contachilometri” ecologico in etichetta rispetto alla media dei cittadini europei che pur mostrano, con il 72 per cento, una grande sensibilità per rendere obbligatoria questa indicazione del consumo di anidride carbonica (CO2) ad effetto serra in etichetta.
Ben il 37 per cento dei consumatori italiani ritiene inoltre che la distribuzione commerciale dovrebbe fornire maggiori informazioni sui prodotti sostenibili dal punto di vista ambientale, ai quali secondo il 25 per cento dovrebbe essere addirittura dedicato un angolo apposito all’interno dei negozi, mentre il 15 per cento ritiene che debbano essere comunque resi più visibili sugli scaffali. L’impatto sull’ambiente dei prodotti è infatti molto importante per la decisione di acquisto di oltre la metà degli italiani (54 per cento), che gli attribuiscono un valore doppio rispetto alla marca, che si ferma al 24 per cento.
All’estero la sensibilità di alcune catene della grande distribuzione commerciale europee nel cogliere i cambiamenti nel comportamenti dei consumatori ha già portato in alcuni casi alla scelta di dedicare ampi spazi sugli scaffali a prodotti locali del territorio o a segnalare all’opposto, con particolari accorgimenti, i prodotti provenienti da Paesi lontani con rilevanti costi ambientali. E’ il caso di una grande catena di distribuzione inglese che applica un aeroplanino sulle confezione della frutta e verdura importate da altri continenti o quello di altri gruppi che ospitano all’interno dei locali un vero mercato per la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.
In Italia la Coldiretti ha avviato una mobilitazione per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli, che non inquinano e salvano il clima: dall’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di cibi in vendita alla disponibilità di spazi adeguati nella distribuzione commerciale, dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze, dai mercati degli agricoltori di campagna amica dove si vendono prodotti locali fino all’inaugurazione del primo circuito a chilometri zero di ristoranti, gelaterie, osterie e snack bar.
A livello globale è stimato che un pasto medio percorre più di 1.900 chilometri per camion, nave e/o aeroplano prima di arrivare sulla vostra tavola e spesso ci vuole più energia per portare il pasto al consumatore di quanto il pasto stesso provveda in termini nutrizionali, senza contare gli effetti sull’atmosfera e sui cambiamenti climatici provocati dall’emissione di gas ed effetto serra.
Consumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia può arrivare ad abbattere solo a tavola fino a 1000 chili di anidride carbonica ( CO2 ) l’anno. E’ stato infatti calcolato ad esempio che, secondo una stima di Coldiretti – il vino dall’Australia per giungere sulle tavole italiane deve percorre oltre 16mila chilometri con un consumo di 9,4 chili di petrolio e l’emissione di 29,3 chili di anidride carbonica mentre le prugne dal Cile che devono volare 12mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di petrolio che liberano 22 chili di anidride carbonica e la carne argentina viaggia per 11mila bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 chili di anidride carbonica attraverso il trasporto con mezzi aerei