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Le vecchie varietà di mele coltivate in Italia nei secoli XVI E XVII sono andate parzialmente perdute. In breve tempo, tra la fine del secolo scorso e l’ inizio di questo secolo, sono state a poco a poco sostituite con nuove cultivar rispondenti alle mutate esigenze commerciali degli operatori frutticoli. L’ attuale standard varietale del melo è costituito in prevalenza da cultivar relativamente nuove, introdotte in larga scala da una trentina d’anni, mentre alcune, pur essendo molto antiche, hanno resistito in alcune nicchie territoriali. Tra queste da mettere in evidenza sono: Renetta del Canada, Renetta Ananas, Rosa Romana, Rosa Mantovana, Campanino, Parmena Dorata, Calvilla bianca estiva e invernale, Commercio, Belfiore Giallo.
Tutte queste varietà hanno origine compresa tra il 1700 e il 1800, e hanno la particolarità di essere molto rustiche, cioè di essere poco soggette ad attacchi parassitari, poco sensibili al freddo, produttive, e, in molti casi, anche esteticamente attraenti, accentuandone l’ aspetto piacevole con forme di allevamento particolari, del passato. Inoltre quasi tutte queste varietà hanno un contenuto di vitamina C 4-5 volte più alto delle mele di varietà moderna.
Non dimentichiamo poi che l’ altitudine favorisce una qualità migliore dei frutti, che risultano più croccanti di quelli di pianura
Mela Campanina:
Tanti anni fà nel mantovano era diffusa una piccola mela.Veniva raccolta all’inizio del mese di Ottobre ed era il frutto che veniva consumato a pranzo,a merenda,e a cena per tutto l’inverno fino a primavera inoltrata.Questa era la mela campanina,e a lei non interessava nulla delle celle frigo(che a quei tempi non esistevano),poichè si conservava benissimo per lunghissimi periodi anche senza.Già citata in documenti del XIX secolo,la mela campanina veniva consumata da tutte le famiglie della zona,che ne facevano larghe scorte.e spesso la cuocevano al forno,per la delizia dei bambini e degli anziani.Nel dopoguerra la mela campanina venne quasi del tutto abbandonata,perchè il mercato richiedeva mele più dolci,più grandi e più economicamente vantaggiose.Fortunatamente alcuni frutticultori(tra cui mio padre)hanno provveduto a mantenere in vita questa tradizione.Si,tradizione è la parola giusta, perchè ormai il mercato non la richiedeva quasi più(era l’era dello sviluppo economico,si andavano diffondendo le celle frigorifere,gli incroci varietali generavano molte nuove mele,più grosse,rosse e dalle spese di gestione più limitate.Come tutte le medaglie però anche questa aveva il suo rovescio,poichè man mano che passavano gli anni ci si accorgeva che non sempre il bello andava d’accordo con il buono,poichè le nuove razze avevano ormai dimenticato i sapori e le qualità delle mele originarie.Le celle frigo funzionavano bene,ma il loro abuso riduceva a volte la mela a un frutto senza sapore,o per meglio dire”senz’anima”Timidamente negli anni ’90 la mela campanina cominciava quindi a guadagnare fette di mercato nelle sue zone d’origine(mantovano e modenese).La stessa regione Emilia-Romagna in questi ultimi anni ha promosso un’ iniziativa che ha lo scopo di limitare l’abbandono di un certo numero di produzioni frutticole autoctone,tra cui la mela campanina.L’iniziativa ha rivelato lati molto interessanti.Dopo alcune ricerche sulla qualità e proprietà di questo frutto,si sono avuti risultati a dir poco sorprendenti.Si è infatti constatata l’attività antiossidante a dir poco eccezionale della mela campanina,che è di 4 volte superiore a quella delle mele attuali!
Mela Calvilla
Si tratta di una varietà assai antica, appartenente alla famiglia delle Calville, di origine incerta, molto rinomata in passato e diffusa un po’ in tutte le zone europee a clima mite.
Sembra che questa mela provenga dal Wüttemberg (Germania) dove era nota prima del 1598, e da lì sia passata in Svizzera e poi in Francia, prendendo qui il nome definitivo di Calvilla, dal nome di Calleville, località del Dipartimento dell’Eure. Venne ricordata nel giardino di Luigi XIII nel 1626.
Fu raccomandata dal Congresso dei pomologi tedeschi di Potsdam del 1878 tra le 10 migliori varietà e quindi da quello di Breslau del 1893. Le Società pomologiche della Moravia, del Tirolo, di Merano e d’Ungheria la annoverarono tra i migliori frutti.