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Dal 22 al 27 settembre si festeggia questo piatto ricco di simbolismi e di cultura. Il programma della rassegna prevede anche momenti di approfondimento dedicati ai cous cous del mondo e alle specialità gastronomiche regionali abbinate ad etichette siciliane, incontri culturali, seminari sul tema dell’enogastronomia e un protagonista indiscusso del Cous cous fest, organizzata dal comune di San Vito Lo Capo e dall’agenzia Feedback, è il cous cous, piatto della pace e dell’integrazione, ricco di simbolismi e cultura, che sarà possibile degustare in tutte le varianti: dalle versioni più tradizionali presenti alla “Casa del cous cous” alla versione locale del piatto, a base di pesce, disponibile alla “Casa del cous cous di San Vito Lo Capo”, fino a tutte le varianti delle tradizioni estere, che utilizzano carne, verdure e spezie di tutti i tipi, proposte al “Casa del cous cous dal mondo” e alle sperimentazioni della cucina del territorio protagoniste della “Casa del cous cous trapanese”. I migliori vini siciliani e le succulente specialità della cucina mediterranea saranno i compagni d’avventura in questo “viaggio” alla scoperta del mangiar bene.
Cous cous ma non solo. Oltre alle degustazioni di cous cous, disponibili al villaggio gastronomico, il programma della rassegna prevede anche momenti di approfondimento dedicati ai cous cous del mondo e alle specialità gastronomiche regionali abbinate ad etichette siciliane, incontri culturali, seminari sul tema dell’enogastronomia e un wine tasting.
Il cous cous, piatto giramondo, unisce in sé il globale e il locale. Ovunque sia approdato, in giro per il mondo, il piatto ha sposato le caratteristiche del territorio, legandosi profondamente alle tradizioni, religiose e conviviali dei popoli e diventando, volta per volta, maftoul, kseksou, cuscus, cascasa, sekso, kskso, kuskus, kuski, burgul o tabouleh. Questa tradizionale pietanza a base di semola di grano, cotta a vapore, servita con un bouillon aromatico arricchito del sapore delle verdure di stagione, legumi, aromi e spezie, carne o pesce, rappresenta da sempre il piatto simbolo della cucina maghrebina, specie nei giorni di festa. Il cous cous, nonostante l’eterogeneità delle tradizioni, conserva una natura conviviale: un unico piatto rotondo dal quale tutti possono attingere semplicemente con le mani dopo il rituale Bismallah (“in nome di Dio”), o, al massimo, con pane lievitato prendendo un pezzo di carne o di verdure e formando una pallina con la semola.
Il termine cous cous indica sia la “semola” che il piatto completo, nella sua terra d’origine, dal Marocco alla Libia. Questa semola si presta a una varietà infinita di piatti: da quello più semplice con lo smen, un burro “fermentato” e un bicchiere di latte cagliato, ai ricchissimi cous cous delle feste di matrimonio e di ricevimento.
Si tratta di una specialità presente in innumerevoli versioni regionali e stagionali dal Marocco alla Libia, dall’Algeria alla Tunisia. Ma superato l’Egitto, se ci spostiamo nel Mediterraneo verso il Medio Oriente o nell’area turco balcanica, i chicchi di semola assumono altre forme e denominazioni e sono spesso sottoposti ad un diverso procedimento di lavorazione e cottura.
Un piatto locale, dunque, il cous cous, ma al tempo stesso globale: non partecipa all’omologazione del gusto ma si esprime in tante e diverse contaminazioni territoriali.