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Al tempo dei romani venivano consumate secondo le ricette di Apicio che le voleva assieme a uova, miele e pepe, prima di mescolarle ad erbe e salse. Se aveste assistito nell’antica Roma alle feste dedicate alla dea Flora, protettrice della natura che germoglia, vi sareste ritrovati sotto una cascata di fave: i romani le gettavano infatti sulla folla in segno di buon augurio. Ma a festeggiamenti conclusi questo legume tornava a essere ritenuto impuro: il sacerdote di Giove non poteva toccarle, mentre al Pontefice Massimo era addirittura vietato nominarle. Come mai?
Questi pregiudizi ben si spiegano tenendo conto della consuetudine di usare le fave nei riti religiosi come cibo per i defunti, usanza simile a quella dei greci. Nell’antica penisola ellenica si riteneva che Cerere avesse donato a una città dell’Arcadia i semi di tutti i legumi tranne quelli delle fave, cui erano legate varie superstizioni: come i suoi concittadini anche Pitagora riteneva per esempio che dentro ai semi si celassero le anime dei defunti. Ma le fave non erano solo cibo per i defunti: a Roma le ricette Apicio a base di fave erano tenute in grande considerazione. La coltivazione della fava in Italia è tipica delle regioni del centro e del sud. Tanto è vero che una classica merenda primaverile di quelle zone la vede accompagnata da pecorino e pane nero. La fava è molto coltivata anche in Sardegna dove viene utilizzata per numerosi piatti tipici tra i quali basti ricordare la faddada, un minestrone di fave, cavoli e finocchietto selvatico. A Sassari per antica consuetudine viene preparato in occasione del carnevale. Ad Aquino, in Ciociaria, il 2 novembre si svolge addirittura una manifestazione dedicata alle fave, chiamata ‘Le fave dei Pelagalli’: è un’antica tradizione popolare nata in seguito a un atto di generosità da parte della famiglia dei Pelagalli che donarono questo legume in gran quantità ai poveri del paese. Una tradizione in uso anche a Oristano dove per S. Giuseppe le famiglie più abbienti erano solite offrire le fave alle famiglie più povere.
Si conoscono diverse varietà di fava. La vicia faba equina o fava cavallina viene coltivata come pianta foraggiera, come anche la vicia faba minor o favetta. La più nota è, invece, la vicia faba maior cioè la pianta da orto con baccelli grossi e lunghi e con semi grandi e appiattiti. Quest’ultima è quella che viene destinata all’alimentazione umana.
Quando la si compra bisogna accertarsi che il baccello sia turgido, di colore brillante e senza macchie, lucido e di forma regolare. Ad autenticarne la qualità e, in particolar modo, la freschezza, è lo schiocco che deve fare il baccello quando lo si spezza.
Le fave sono indicate per minestre e passati, ma possono anche essere consumate crude con olio e parmigiano fresco, in insalate o con formaggi e salumi.
Si possono essiccare o congelare. Prima di metterle nel freezer, però, conviene sbollentarle per tre minuti circa e lasciarle raffreddare.
Le fave sono ricche di proteine, fibre, vitamine (A, B, C, K, E, PP) e sali minerali, importanti per la loro azione di drenaggio dell’apparato urinario. Tra i legumi risultano essere le meno caloriche, ma attenzione: se per 100 gr. di fave fresche l’apporto energetico è di sole 37 calorie, per lo stesso peso di fave secche l’apporto sale a 342Kal. Le fave secche, però, sono, escludendo la soia, i legumi che forniscono il maggior apporto di proteine.
fonte buonpernoi.it
fave alla maniera di Vitellio
pisam coques, lias. teres piper, ligusticum, gingiber, et super condimenta mittis uitella ouorum, quae dura coxeris, mellis uncias III, liquamen, uinum et acetum. haec omnia mittis in caccabum et condimenta quae triuisti. adiecto oleo ponis ut ferueat. condies pisam, lias si aspera fuerit. melle mittis et inferes.
Per 4 persone 300 gr di piselli secchi o fave, due tuorli di uova sode, ½ cucchiaio di sedano montano, un pizzico di zenzero in polvere, un pizzico di pepe, 2 cucchiai di vino bianco asprigno, 1 cucchiaio di aceto di vino, ½ cucchiaio di miele, 1 cucchiaio di olio di oliva
Immergere i piselli o le fave per 12 ore circa in acqua minerale. Trascorso questo tempo cuocerli a fuoco lento per un’ora e mezza circa in acqua. Nel frattempo tritare finemente i tuorli d’uovo e il sedano fresco. In una pentola di piccole dimensioni mettere vino, aceto, miele e olio e scaldare il tutto. Aggiungere poi i tuorli, il sedano, il pepe e lo zenzero in polvere. Sgocciolare accuratamente i piselli o le fave e passarli al frullatore ottenendo una purea. Mescolare bene tutti gli ingredienti e mettere di nuovo sul fuoco, insaporire e servire.
per fare fava menata …Maestro Martino -Sec XIV
Togli de la fava franta, et nettala molto bene et lavala et ponila al focho. Et como leva un boglio gietta quella acqua, et mectivi tanta altra acqua che avanzi un dito sopra la fava, giongendovi etiamdio el sale necessario secundo la quantità . Et ponila a boglire sopra la brascia longi dal focho, et coprila, et lassala ben cocere et bene asciuchare, et dapoi menala molto bene in un mortaio. Et dapoi ritornala a scaldare in una pignatta. Et togli una cipolla tagliata menuta et ponila a frigere in una pignatta con un pocho di bono olio, et sia ben cotta et non arsa. Et togli una pocha di salvia et di fichi overo pomi et tagliale menute, et ponile ne l’olio con la ditta cipolla, et fa’ che scia caldo. Dapoi fa’ le menestre de la fava menata, et ponvi di sopra del ditto olio, et de le cose che sonno in esso, et gectavi etiamdio di sopra di bone spetie.
Sgranare le fave e metterle a cuocere in acqua bollente salata. Quando saranno morbide, scolarle tenendo da parte un bicchiere di acqua di cottura, e passarle nel tritatutto insieme a mezzo cipollotto. Aggiungere l’olio di oliva a filo finchè il composto non raggiunga la consistenza di un purè. Mettere il purè ottenuto in una ciotola e aggiungere il cumino mescolando bene. Tagliare a fettine il cipollotto rimasto disporlo sul pure, spolverare con pepe e condire con un po’ d’olio. Si puo’ spalmare su fette di pane casereccio.
Fave e cicoria
Ingredienti
1 tazza e mezza di fave secche, 1/4 di tazza di olio extravergine d’oliva più un altro po’ per le cicorie, 1 testa di cicoria (circa 500 g) Pulire e sciacquare bene le fave. Coprirle con acqua e tenerle a bagnomaria per la notte.
Eliminare la parte scura delle fave. Metterle in una pentola, aggiungere abbastanza acqua fino a coprirle interamente e cominciare la cottura. Appena raggiungono l’ebollizione, ridurre il fuoco e, mescolando di tanto in tanto, lasciar cuocere a fuoco lento fino a che le fave non diventino pastose (circa 1 ora).
Spegnere il fuoco, condire con sale, girarle fino ad ottenere un puree omogeneo e lasciarle respirare per 30 minuti. Frustare quindi le fave per favorirne l’amalgama e quindi aggiungere copioso olio d’oliva. Lavare, tagliare e cuocere la cicoria separatamente in acqua salata bollente finchè non diventano tenere, circa 3-5 minuti.
Servire le fave insieme alla cicoria, con olio d’oliva per condire