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Si tratta – dice l’Artusi – di un liquore da prepararsi verso la metà di giugno, quando le noci non sono ancora completamente mature e dure al tatto. L’Ordine del Nocino Modenese, con sede a Spilamberto, protegge la qualità e custodisce la ricetta originaria.
Noi diamo una versione casalinga, per ottenere una bottiglia da conservare; occorreranno: 30 noci non ancora mature, 1, 5 l di alcool, 700 gr di zucchero, cannella un pizzico, 10 chiodi di garofano, due bicchieri d’acqua, 1 scorza di limone.
Si taglieranno le noci in quattro pezzi mettendole poi in un vaso capiente che possa essere chiuso ermeticamente. Si aggiungono la scorza di limone, la cannella, i chiodi di garofano e si riempie il vaso con l’alcool. Il vaso si lascierà al sole per circa un mese, scuotendolo ogni tanto; dopodichè si aprirà per aggiungere lo zucchero e lo si lascierà per altri 15 giorni al sole.
Trascorso questo periodo, il liquido deve essere filtrato attraverso una carta da cucina o una garza: assaggiatelo, se è troppo forte aggiungete acqua, ma il nocino è pronto.
E’ consuetudine largamente diffusa quella che vede la notte di San Giovanni come data canonica per la raccolta delle noci immature destinate alla confezione del nocino familiare. Gli erboristi definiscono questo momento preciso col termine di «tempo balsamico ».
Nella più breve arcatura notturna dell’anno una tradizione ampiamente consolidata riconosce al frutto della noce, ancor verde nella drupa, la sua fase ideale per l’influsione, motivandone la raccolta col suo maggior profumo, i tessuti più turgidi di linfa, le cellule più ricche di oli essenziali, di principi attivi, di vitamine.
Queste le ragioni valide scaturite da più moderne considerazioni, ma un tempo, ed ancor oggi in larga parte, l’irrazionalità apparente di una raccolta notturna ubbidiva a leggi molto più labili, meno decifrabili razionalmente, si abbandonava al « pathos » di una straordinaria coralità di popolo che nel ritrovarsi a credere ed a sentire medesime ancestrali suggestioni riviveva un’antica memoria, rendendola fantastica per esorcizzarla dei viscerali terrori che le tenebre hanno sempre evocato nell’uomo.
Non a caso poi la curiosa assonanza tra le due voci latine « nox et nux », notte e noce, ha creato un indefinibile legame che già nella classicità veniva riconosciuto nel verso: «Sic mihi Nox, Nux Fuit ante diem» (Così per me ci fu, prima del giorno, la Notte e la Noce). BERGONZINI, Renato. Il nocino. Modena, Mundici Zanetti, 1978.
La storia del Nocino vanta un preciso luogo di nascita, il territorio fra Secchia e Panaro, dove la materia prima è sempre stata abbondante e tale da indurre la popolazione locale a sfruttarla per la preparazione del liquore.
Le prime notizie riguardanti il Nocino risalgono al periodo ricompresso fra il 1860 e il 1867, quando Ferdinando Cavazzoni, credenziere di “Casa Molza”, inserisce nel suo ricettario delle migliori specialità “all’uso modenese” la tecnica di preparazione del “Liquore detto Nocino”, che è tuttora impiegata per la sua produzione da molte famiglie modenesi. Alcuni anni più tardi, la ricetta del nocino è riportata da Pellegrino Artusi le famoso testo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891).
E’ una radicata consuetudine, tramandata secondo la bibliografia locale da secoli, che ha creato nella zona un legame non solo culturale ma anche economico con il prodotto.
La tradizione vuole che le noci vengano raccolte il 24 giugno, giorno di San Giovanni Battista, allorché la maturazione del frutto non è ancora completata ed il mallo risulta verde e tenero.
L’antica credenza popolare voleva che la rugiada (guazza) formatasi nella notte tra il 23 e il 24 giugno fosse una panacea per ogni male, specie per i problemi dell’apparato digerente e per i disturbi gastro-intestinali, per i quali il Nocino era considerato un rimedio eccellente.
ANTICA RICETTA DEL NOCINO DI MODENA
Ingredienti: 1 kg e 250 gr di noci fresche, verdi, raccolte il giorno di S. Giovanni(24 giugno), 4 l e 100 di alcool a 36°, 2, 5 kl di zucchero fino bianco, 1, 5 l di vino rosso generoso, cannella regina, scorza di limone, chiodi di garofano.
Mettere l’alcool in un recipiente di vetro a bocca larga, prendere le noci, pestarle un poco in un mortaio di marmo o legno; immergerle poi nell’alcool aggiungendovi tutta la scorza di limone, la metà della cannella e dei chiodi di garofano; agitare di quando in quando il miscuglio lasciandolo in macerazione per due mesi circa al sole.
Filtrare quindi il liquido e spremere bene il mallo delle noci con una tela (ripetere l’operazione due volte).
Prendere il vino, lo zucchero, la cannella e i chiodi di garofano rimasti e metterli al fuoco in una pentola di coccio: si otterrà cosi uno sciroppo da filtrare anch’esso e da unire quindi, raffreddato, al liquore di noci; si agiti bene il miscuglio perché lo sciroppo si amalgami bene.
Fonti nocinodimodena.it
Percorsi gastronomici.it