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La Provincia di Vicenza ha assorbito gusti e ricette degli stati dominanti. Molti piatti vicentini sono austriaci. Austriache sono certe composizioni novembrine che trovano l’optimum con i crauti. L’uso dei crauti fu introdotto durante la dominazione asburgica. I soldati Austriaci, che affollavano le tantissime caserme vicentine, non volevano perdere il legame con la loro terra e si facevano da sé un contorno di cavoli cappucci. Osteggiati all’inizio, trovarono vari abbinamenti con alcuni salumi locali e i primi a capire l’importanza per uno sfruttamento industriale furono i fratelli Zuccato, a Caltrano, che possono essere fieri della centenaria fondazione del laboratorio, avvenuta nel 1898.
In particolare, la produzione di Crauti nella Valli ha per lungo tempo riguardato paesi e contrade la cui altitudine rendeva incerto l’approvvigionamento di verdure durante l’inverno. Nell’alta Valle si cercava di preservare i cappucci, maturati nella tarda estate, anche piantandoli nella terra con le radici scoperte: l’umidità e il gelo intaccavano solo il primo strato di foglie, mentre il resto si manteneva sano (procedimento detto capussàro).
I Crauti costituivano un tentativo in più per garantirsi scorte di cappucci per la stagione fredda ottenendo così un prodotto trasformato a sé stante, base per preparazioni estremamente saporite. In particolare i Crauti si affiancano a ricche carni di maiale e ai lessi.
Ci sono ancora delle famiglie che continuano la tradizione (ma utilizzando per la fermentazione i vasi di vetro). I Crauti prodotti artigianalmente conservano più facilmente il sapore antico non venendo interrotto il processo di fermentazione, come avviene nell’industria, mediante pastorizzazione (che serve per togliere un po’ del gusto marcato).
Il Candiago, nel ’62, cita i Crauti di Caltrano con il cotechino musetto come il piatto tradizionale che si offre all’ascensione.
I Cràuti delle Bregonze sono un prodotto tradizionale a base di cavoli cappucci conservati e fermentati nella loro salamoia. Tale processo può essere favorito da un microrganismo, il Lactobaillus Plantarum, presente nel latticello e nel siero di latte che basta aggiungere in piccole quantità. In mancanza del siero può bastare semplicemente il sale. Se la salamoia naturale dei cappucci non dovesse essere sufficiente a ricoprirli costantemente, si dovranno preparare aggiunte di salamoia con 15 g di sale per litro d’acqua.
Si possono aggiungere a piacere semi d’erbe aromatiche come il finocchio selvatico e grani di pepe.
Una variante più delicata prevede l’impiego di poche mele a fettine da mischiare ai cappucci.
Per quanto riguarda la metodica di preparazione, i cavoli-cappucci si iniziano a lavorare nel mese di settembre e la prima commercializzazione arriva con la zena del mas-cio, a fine novembre.
Dopo aver ben lavato i cappucci e dopo aver messe da parte alcune delle foglie esterne da lasciare intere sul fondo del recipiente ma anche, volendo, sulla superficie, si dividono a metà, si mondano dei torsoli e si tagliano a fettucce, il più possibile sottili. Volendo si possono tagliare e mischiare anche i torsoli o alternativamente delle mele.
La verdura si sistema poi in un apposito contenitore alternando gli strati con manciate di sale. Gli strati vengono pestati, con un mortaio o direttamente col pugno, per favorire il compattamento e l’emissione dei liquidi naturali pestandoli fino a che il liquido che ne fuori esce non li ha coperti del tutto (qualcuno preferisce salarli, rimestarli e pestarli in secchi a parte, dove vengono lasciati un paio di giorni prima di essere riversati nei contenitori definitivi). Se é disponibile, si aggiunge il latticello. E’ molto importante riempire i contenitori – di qualunque tipo siano- per 3/4 o poco più dal momento che nel processo di fermentazione viene prodotta anidride carbonica. Come pure é fondamentale che i crauti siano sempre ben coperti dalla salamoia (se scarseggia va rimpinguata).
Il recipiente deve essere mantenuto per 3-4 settimane in un ambiente sempre riscaldato, fra i 15 e i 22° C, per innescare e protrarre il processo di fermentazione (usualmente si parte con le temperature più alte nei primissimi giorni per mantenere quelle più basse nel resto del mese).
I cappucci, assorbendo il sale, emettono la loro acqua, formando una salamoia naturale. Per una buona conservazione del prodotto, é fondamentale che i crauti rimangano sempre sommersi nella loro acqua: se durante la fermentazione, una parte di liquido dovesse uscire dal vaso, si deve aggiungere della salamoia fatta a parte.Dopo un mese di bagno (bèva), il contenitore va mantenuto in un ambiente fresco, con temperature non superiori ai 10°C. Solitamente venivano riposti in cantina, sollevati dal piano di terra con pietre o altri materiali.
Pur potendosi mangiare già dopo un mese, sono più appetibili dopo 2-3 mesi, e, comunque, da consumarsi preferibilmente entro l’arrivo del caldo.
E’ da ricordare l’estrema digeribilità che caratterizza in genere tutte le verdure sottoposte a procedimento di fermentazione, al contrario di quello che molti potrebbero pensare.
fonte regione veneto