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Questo particolare tipo di vino, che può ricordare nel sapore il più famoso vino passito, si ottiene da una tecnica tradizionale che alcuni fanno derivare fin dagli antichi tempi dei Piceni (X secolo a.C.), che in questa zona vivevano, altri invece dai Greci (IV secolo a.C.), una tecnica poi tramandata attraverso i millenni fino ai giorni nostri.
Plinio parlava dei vini dolci e, riferendosi ai cotti, ne esaltava le qualità dicendo che “hanno il sapor loro e non quel del vino” e che sono “opera d’ingegno e non di natura, cuocendosi il mosto sin che è consumato il terzo della sua quantità”. Anche Virgilio ci descrive la preparazione del vino cotto, soffermandosi sulla schiumatura che veniva effettuata con un ramo fogliato e precisando che la concentrazione del mosto avveniva in un paiolo di rame.
I patrizi romani, gli imperatori e i papi degustavano questa bevanda al termine dei loro fastosi banchetti e fino a due secoli fa era molto commercializzato anche con altri paesi europei.
La zona di produzione del vino cotto è molto estesa e comprende gran parte delle province di Macerata, Fermo ed Ascoli Piceno. Loro Piceno, in particolare, che da quasi trent’anni organizza la Sagra del vino cotto, può esserne considerata la patria. Attualmente, il vino cotto si prepara indifferentemente partendo da uve bianche o da uve rosse. Il mosto si fa bollire lentamente in calderoni di rame
Durante la bollitura, bisogna procedere continuamente a “schiumare” il mosto, ad eliminare, cioè, quella schiuma superficiale costituita dalle sostanze proteiche rese insolubili dall’alta temperatura.
In questa fase, si determina una maggiore concentrazione zuccherina e il mosto acquisisce note aromatiche caratteristiche. Si usa anche aggiungere, come aromatizzanti, delle mele cotogne.
A concentrazione ultimata si versa il mosto nelle botti di legno dove avverrà la fermentazione. Successivamente, al fine di eliminare il materiale feccioso, possono essere effettuati uno o più travasi. L’invecchiamento avviene in botti di piccole dimensioni e dura almeno un anno, ma può protrarsi anche molto più a lungo.
È molto diffusa la pratica del rimbocco che consiste nell’unire il vino cotto nuovo a quello degli anni precedenti.
Varie sono pertanto le tipologie di vino cotto, ottenute con tecniche diverse da zona a zona, partendo da uve diverse.
Questo prodotto era ed è assolutamente presente in ogni cantina che si rispetti e rappresentava in passato parte della dote che ogni donna doveva portarsi una volta sposata; infatti la cultura contadina vedeva in questa bevanda un utile corroborante dalle fatiche giornaliere nei campi.
Mettete del mosto di vino rosso, appena fatto, in una casseruola ponete il recipiente sul fuoco e, appena il mosto inizia a bollire, abbassate la fiamma. Lasciate cuocere, mescolando spessissimo, sino a che nel recipiente sarà rimasto circa un terzo del liquido iniziale. Lasciatelo raffreddare, quindi versatelo in bottiglie da vino pulitissime, tappatele molto bene e conservatele. Il vino cotto si manterrà per moltissimi mesi, anche per qualche anno.