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Le tripe, un piatto molto appetitoso, erano tutte molto gradite, perfino quelle di pollo, ricavate dalle budella, ma erano particolarmente apprezzate quelle di vitello e di sorana (giovenca). Per prepararle occorre dapprima lavare molto bene lo stomaco, dal quale esse sono ricavate, con acqua calda e quasi bollente, raschiandole con un coltello (e togliendo, se vi è ancora rimasta attaccata, la membrana interna; qualcuno mette nell’acqua un po’di aceto o qualche goccia di limone). Le budella di gallina, dopo essere state aperte e raschiate, venivano lasciate in bagno per una notte entro acqua e aceto e successivamente ben lavate. Dopo essere state lagliate in due o tre pezzi, esse vengono messe in acqua leggermente salata e bollite per circa un’ora. Una volta scolate, si tagliano a listarelle di un centimetro circa e si mettono a cucinare in un soffritto formato da olio, burro, lardo, nei quali sono stati rosolati cipolla, sedano e carote finemente affettati (vi si possono aggiungere rosmarino, salvia, aglio e pepe). I più vi mettono anche chiodi di garofano o cannella, a volte infilati in una cipolla o in mezzo limone (per poterli recuperare). Quando le tripe sono state insaporite, si aggiunge acqua, o brodo (che può essere quello in cui sono state lessate), sciogliendovi subito conserva di pomodoro. Si lasciano cuocere a fuoco molto lento per 2-4 ore, mantenendole sempre morbide con l’aggiunta di acqua e brodo. A cottura avvenuta si cospargono di abbondante formaggio grattuggiato. Le tripe de galina non venivano in precedenza bollite ed erano cotte solo per un’ora.
Allo stesso modo delle tripe si cucina anche la coradèla (polmoni), che però è meno sapida e ricercata.
Supa o minèstra de tripe
Più che la minèstra, la supa de tripe era, ed è, lodata e ricercata da coloro che ricercano i piatti tradizionali; molto sapida, essa può essere preparata sia con le trippe del màscio che con quelle di altri grossi animali (molto più carnose). Pulito lo stomaco e levata la membrana interna, si segue lo stesso procedimento di cottura delle tripe. Quando sono cotte si aggiunge il brodo, nel quale qualcuno stempera due cucchiai di farina bianca, e si versa nei piatti cospargendo di abbondante formaggio grattugiato. e, a volontà, di pepe. La zuppa si ottiene bagnandovi fettine di pane (volendo trasformarla in minestra vi si cuoce dentro, in precedenza, del riso o delle tagliatelle). Qualcuno, dopo aver cotto le tripe, faceva con esse anche il risòto de tripe, seguendo il normale procedimento per questo piatto. In qualche osteria la supa de tripe veniva mangiata anche fuori dai pasti soprattutto nei giorni di mercato. A Sandrigo, un’osteria tipica offriva, come variante della supa de tripe, la mista, costituita dal solito piatto al quale dopo che era stato consumato per metà, veniva aggiunto il brodo di un passato di verdura, oppure la busèca, un piatto di trippe, lo stesso in parte consumato, al quale veniva aggiunto del minestrone.
Scheda tratta da “L’Alimentazione nella tradizione vicentina” a cura del Gruppo di ricerca sulla civiltà rurale, Vicenza, 1999.