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Questa preparazione, presumibilmente di origine medievale e già codificata ne Il nuovo cuoco milanese (1853) di Gian Felice Luraschi, sostituisce la tradizionale salsa verde come accompagnamento alla carne bollita.
Caratterizzata dall’associazione di zucchero e aceto, che in gergo professionale viene definita “gastrica”, la salsa agrodolce è utilizzata nella cucina di molti paesi.
La pratica di combinare nello stesso piatto due sapori contrastanti, l’agro e il dolce (dati dall’aceto e dallo zucchero o dal miele), risale alla cucina romana antica.
Preparazioni agrodolci sono infatti riportate nel De re coquinaria di Apicio.
Il gusto agrodolce era molto apprezzato anche nel Medioevo e nel Rinascimento, quando, in conseguenza dell’introduzione di nuovi alimenti, si creavano associazioni di ingredienti che oggi possono apparire insensate ma che allora trovavano largo consenso sia per le preferenze sensoriali del tempo sia per lo sfarzo che ostentavano.
Alla carne venivano abbinati frutta secca, zucchero, spezie, formaggio, come nella tanto celebrata torta parmesana, in voga dal ‘300 al ‘600 come simbolo di alta cucina e momento clou di un banchetto.
Fu la cucina francese, nel ‘600, a mettere ordine e razionalizzare gli abbinamenti dei cibi distinguendo tra dolce e salato e influenzando in tal senso le abitudini culinarie dei paesi culturalmente dominati dalla Francia, come l’Italia.
In alcuni piatti della cucina regionale italiana sono rimaste associazioni agrodolci come nei tortelli con la zucca, nelle sarde in saor, nelle cipolline in agrodolce, ecc.
Tipiche preparazioni agrodolci sono le conserve di frutta all’aceto, come pure alcuni condimenti di origine esotica e introdotti in Europa dagli inglesi (mostarda dolce, chutney).
In alcuni Paesi l’agrodolce è frequente in molti piatti di carne (Russia, Scandinavia, Germania e Cina).
Preparazione per 6 porzioni:
PREZZEMOLO: 60 g
ACETO: 70 mL
ZUCCHERO: 15 g
PASSATO DI POMODORO: 100 g
OLIO DI OLIVA: 20 g
SALE: q.b.
PEPE: q.b.
L’ingrediente: l’aceto
Utilizzato fin dall’antichità come conservante e per condimenti, salse e marinate, l’aceto, definito da Aristotele “vino putrefatto”, è il prodotto della fermentazione del vino o di altri liquidi alcolici ottenuti da frutta, cereali, malto, miele. prodotti agricoli (mele, malto, barbabietola, riso, ecc.).
La fermentazione avviene ad opera di particolari batteri chiamati acetici che trasformano l’alcol contenuto nel prodotto di partenza (vino, sidro, sakè, ecc.) in acido acetico, sostanza che conferisce il caratteristico sapore a questo condimento e che, per legge, deve essere presente in quantità non inferiore al 6% per l’aceto di vino e al 5% per gli altri aceti.
Dal punto di vista commerciale si distinguono aceti comuni e aceti di qualità, che hanno un’acidità uguale o maggiore al 7% e la differenza tra queste due categorie risiede nella materia prima e nella tecnica di produzione.
Per gli aceti comuni vengono generalmente impiegati vini molto diluiti e già leggermente alterati, il processo di fermentazione è rapido e la maturazione nelle botti è limitata a pochi mesi cosicché gli aromi presenti e le caratteristiche sensoriali sono meno spiccati. Gli aceti di qualità provengono invece da vini sani appositamente preparati, con una diluizione minore e quindi con una maggior quantità di profumi e aromi, e la cui acidificazione avviene lentamente; l’aceto rosso ottenuto viene poi lasciato invecchiare in fusti di legno per sei mesi circa e poi travasato in contenitori di acciaio inossidabile per un altro periodo di invecchiamento, mentre quello bianco viene fatto “maturare” per un anno sempre in recipienti di acciaio. Durante il periodo di invecchiamento il prodotto diviene limpido e affina le proprie caratteristiche risultando più profumato e aromatico.
Alcuni aceti vengono aromatizzati addizionandoli di estratti aromatici naturali di erbe (basilico, rosmarino, salvia ecc.) o di frutta (lampone, limone) e lasciandoli riposare il tempo necessario perché acquistino le caratteristiche sensoriali degli aromi aggiunti.
Tritare il prezzemolo e mescolarlo a freddo a tutti gli altri ingredienti;
far bollire il tutto per 5 minuti;
servire.
Varianti:
Il passato di pomodoro non è contemplato in molti ricettari, dove è sostituito da brodo di carne ed è prevista l’aggiunta di uvetta, pinoli e, talvolta, di amaretti sbriciolati e di farina per legare la salsa.
Nelle indicazioni de Il nuovo cuoco milanese non si trova il prezzemolo né l’olio, sostituito dal burro, e compare poca scorza di limone.
Anche il procedimento può variare: si fa caramellare lo zucchero per poi scioglierlo nell’aceto e aggiungervi infine gli altri ingredienti.
La salsa agrodolce si accompagna ai lessi e alla cotolette fredde.
I vini indicati sono il Barbera e la Bonarda dell’Oltrepò, giovani e fragranti.