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La preferenza per il gusto dolce è innata nell’essere umano e per soddisfarla non c’è che l’imbarazzo della scelta. Miele, sciroppo d’acero, dolcificanti naturali e sintetici… le alternative allo zucchero non mancano di certo, ma sono davvero più sane?
Da quando è comparso nella nostra alimentazione, circa 200 anni fa, lo zucchero è al centro di accese discussioni: c’è chi lo considera indispensabile per una vita sana e chi, al contrario, lo accusa di favorire malattie gravi come l’obesità e i disturbi cardiocircolatori.
Di sicuro c’è che lo zucchero piace, e molto. La famiglia italiana “tipo” ne consuma ogni mese circa 2 kg: una quantità non trascurabile, che impone di riflettere bene sul ruolo nutritivo di questo alimento.
Colpevole o innocente?
Innanzitutto, occorre dire che quello che in cucina chiamiamo “zucchero”, in realtà è saccarosio, l’esponente più conosciuto della grande famiglia degli “zuccheri semplici”.
Fruttosio, glucosio, lattosio, galattosio… sono altri componenti di questa famiglia, tutti presenti nei cibi e tutti accomunati dal gusto dolce e dalla facilità con cui l’organismo li utilizza per ricavarne energia.
L’importanza alimentare del saccarosio e degli altri zuccheri semplici è, infatti, nella funzione energetica che svolgono: in una dieta corretta, 140-150 calorie al giorno dovrebbero provenire proprio da queste sostanze.
Considerando che un etto di zucchero dà quasi 400 calorie, il calcolo è presto fatto: 30-40 grammi al giorno rappresentano la giusta dose di dolcezza. Il problema è che, in media, ne consumiamo più del doppio, e questo apre la strada a una serie di critiche e accuse, in parte motivate e in parte da ridimensionare.
Un primo luogo comune da smontare è che lo zucchero faccia ingrassare: non esistono alimenti “ingrassanti”, dipende dalla quantità che ne mangiamo in rapporto al nostro bisogno di energia. resto, più ancora che nell’eccessivo consumo di zuccheri, i nutrizionisti indicano nell’assunzione esagerata di grassi e nella mancanza di moto, le cause principali dell’aumento di peso nella nostra società.
Allo stato attuale, non esiste nemmeno alcuna evidenza che lo zucchero danneggi il cuore, mentre è accertato il suo ruolo nella comparsa della carie, anche se vale la pena di ricordare che esiste un rimedio semplice ed efficace: lavarsi i denti.
Infine, un ultimo punto da chiarire: lo zucchero non causa il diabete, ma chi soffre di questa malattia non riesce a impiegarlo in maniera corretta e deve prestare molta attenzione al suo consumo, limitandone fortemente l’assunzione e orientandosi verso altri dolcificanti.
Zucchero sì o zucchero no, dunque? La risposta a questo punto è facile: sì, ma nella giusta quantità. Non è davvero il caso di demonizzarlo e non c’è motivo di eliminarlo dalla dieta di un individuo sano: basta, come in tutte le cose, non esagerare e seguire ciò che detta il buon senso.
Bianco o di canna?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non c’è molta differenza sotto il profilo dietetico tra lo zucchero di canna e quello di barbabietola.
Presentato come più sano e naturale dello zucchero bianco, quello di canna deve il suo colore più scuro e il leggero aroma alla presenza di impurità, che non hanno alcuna importanza dal punto di vista nutritivo.
Bisogna poi fare attenzione: una cosa è lo zucchero “grezzo”, di canna o di barbabietola, e un’altra cosa è il vero zucchero “integrale”, esclusivamente di canna.
Il primo, chiamato anche “zucchero bruno”, è parzialmente raffinato e si presenta in cristalli più o meno grossolani, scuri per la presenza di un po’ di melassa e, a volte, di caramello.
Il vero zucchero di canna “integrale”, invece, ha consistenza granulosa o polverulenta, mai cristallina, e il colore è più o meno scuro secondo l’origine.
Le possibili alternative
Chi si trova comunque a dover rinunciare allo zucchero, o vuole orientarsi su altri dolcificanti, ha di fronte una vasta gamma di alternative, a cominciare dalle più naturali, come il miele e lo sciroppo d’acero, per arrivare ai dolcificanti sintetici da zero calorie.
Ogni prodotto presenta caratteristiche particolari che ne consigliano l’utilizzo in certi casi piuttosto che in altri.
Il miele, completamente naturale
Arriva dalla natura alla nostra tavola senza subire alcuna trasformazione: le api lo producono e noi lo raccogliamo.
Nessun additivo, nessun colorante, conservante o aromatizzante… il miele è un prodotto assolutamente naturale e vanta un gusto e una composizione decisamente più ricchi rispetto al normale zucchero raffinato.
È costituito prevalentemente da glucosio e fruttosio, sostanze che, a differenza del saccarosio, non devono essere trasformate dall’apparato digerente e vengono subito assorbite dall’organismo per ricavarne una sferzata d’energia.
Nel miele si trovano poi diversi minerali (potassio, ferro, calcio, fosforo, magnesio e rame), alcune vitamine (in particolare quelle del gruppo B) e una quantità di sostanze proteiche (chiamate “enzimi”), che sono alla base delle proprietà medicamentose attribuite a questo alimento dalla medicina popolare.
Da sempre, infatti, è usato per le sue proprietà calmanti della tosse e decongestionanti, remineralizzanti (in particolare aiuta a fissare il calcio nelle ossa), cicatrizzanti e antibiotiche a livello intestinale (per la presenza di specifici fattori antibiotici detti inibine).
Acero: uno sciroppo di moda
Arrivato di recente sui nostri mercati, lo sciroppo d’acero è un altro interessante dolcificante naturale. Ha l’aspetto di un liquido zuccherino e gli Indiani del Canada lo ricavano intagliando la corteccia di una particolare varietà d’acero.
Grazie alla presenza di un 33% circa di acqua, fornisce meno calorie del saccarosio (mezzo bicchiere di sciroppo d’acero “pesa” intorno alle 167 calorie) e sono in molti a utilizzarlo nelle diete dimagranti.
Vanta anche un discreto contenuto di oligoelementi, soprattutto potassio, e tracce di vitamine del gruppo B, in particolare di biotina, che serve al nostro organismo per convertire in energia quello che mangiamo.
Acquistando lo sciroppo d’acero, conviene controllare sulla confezione che sia di “grado C” (più puro dello sciroppo di grado A e B) e verificare in etichetta la completa assenza di coloranti e conservanti.
fonte buonalombardia