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E’ diventata “sempre più insostenibile” l’attività dei 718 pescherecci, che rappresentano il 25% della flotta Ue in termini di stazza lorda, che, dagli anni Ottanta, si sono spinti più lontano nei mari e oceani del mondo per pescare e trovare nuovi stock di pesce, anche totalmente ignoti a noi consumatori italiani. E’ quanto emerge dal nuovo rapporto Wwf “L’espansione delle flotte europee ed internazionali nell’oceano dal 1950 ad oggi”, corredato da una mappa animata pubblicata su www.wwf.it. Un “primato negativo”, commenta l’associazione del panda, stimolato dal calo delle catture nazionali e dagli sforzi per ridurre il numero dei pescherecci nelle acque europee. L’Unione europea consuma il 25% del pesce del mondo. Oggi importa il 65% dei prodotti della pesca disponibili sui propri mercati interni. Gran parte delle flotte concentrano i propri sforzi all’estero, col favore di accordi di pesca con i Paesi in via di sviluppo. “E la pratica immorale del cambiamento di bandiera (per cui le navi dell’UE eludono le norme comunitarie cambiando bandiera con quella di un paese non UE) e i sussidi per i carburanti – denuncia il Wwf – hanno determinato l’attuale stato di sovrasfruttamento delle risorse ittiche, con conseguenze deleterie non solo sugli stock ittici mondiali, ma anche nel lungo termine sullo stesso settore della pesca”. Perciò l’associazione ambientalista avvia una petizione on line e per avviare la necessaria, ambiziosa riforma della Politica Comunitaria della Pesca (PCP), il Wwf chiede all’UE di rendere la sua flotta da pesca sostenibile, e di impegnarsi a rendere ancor più sostenibile anche la gestione della pesca sulla scena internazionale. Il Wwf chiede infine che il miliardo di euro destinato alla gestione delle flotte in alto mare “non venga in alcun modo utilizzato per finanziare pratiche di pesca distruttive e non sostenibili”. (ANSA)