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“Il made in Italy che non c’é più” sono i sapori e i prodotti simbolo del nostro Paese passati in mani straniere negli ultimi anni, ma sono anche fatturati miliardari che abbandonano l’economia italiana. Valgono 5 miliardi l’anno infatti, le entrate complessive delle aziende storiche acquisite da società estere, secondo una ricerca della Coldiretti presentata all’inaugurazione della Fieragricola di Verona con un allestimento speciale. L’ultima ditta a emigrare é stata, ricorda la Coldiretti, la Ar Pelati, acquisita da una società controllata dalla Mitsubishi. Poche settimane prima era toccato agli spumanti Gancia, conquistati dall’oligarca russo Rustam Tariko. Per non parlare della Parmalat, passata alla francese Lactalis. “Nello spazio di 12 mesi – sottolinea il presidente della Coldiretti, Sergio Marini – sono stati ceduti all’estero tre pezzi importanti del made in Italy alimentare che sta diventando un appetibile terra di conquista per gli stranieri. La tutela dei marchi nazionali è diventata una priorità”. Anche in conseguenza dei cambi di bandiera delle aziende storiche, secondo la Coldiretti, oggi circa un terzo (33%) della produzione dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati deriva da materie prime agricole straniere, trasformate e vendute con il marchio made in Italy, per un fatturato stimato in 51 miliardi.
Se la crisi ha accentuato il fenomeno delle scalate straniere delle aziende alimentare, anche in passato ci sono stati casi esemplari, dalla Bertolli, acquisita dal gruppo spagnolo Sos nel 2008, alla Galbani, entrata nell’orbita di Lactalis nel 2006. “Lo stesso anno gli spagnoli hanno messo le mani sulla Carapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso. Nel 2005 – continua la Coldiretti – la francese Andros aveva acquisito le Fattorie Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz”. Nel 2003 hanno cambiato bandiera la birra Peroni, passata alla sudafricana SABMiller, e Invernizzi, finita a Lactalis dopo 20 anni nel gruppo Kraft. “Negli anni 90 erano state Locatelli e San Pellegrino a entrare nel gruppo Nestlé, anche se poi la prima era stata ‘girata’ alla solita Lactalis (1998). La stessa Nestlé – conclude la Coldiretti – possedeva già dal 1995 il marchio Antica gelateria del corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina”.(ANSA).