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Una vendita sbagliata e altamente rischiosa, che apre le porte alla speculazione e accende il rischio di “mafizzazione” della terra. Non tutto il mondo agricolo è compatto nel sostenere la messa in vendita dei terreni pubblici, così come previsto nel decreto liberalizzazioni. E fa sentire la sua voce oggi, in una piccola ma compatta manifestazione in corso di svolgimento davanti a Montecitorio. A dire no sono Aiab, Alpa, Ari, Campagna popolare per l’agricoltura contadina, Crocevia, Legambiente, Libera, Slow Food, Terra Nuova, Coop Agricola Nuova, Coop Carlo Pisacane, Federtrek. “La vendita – spiegano i manifestanti – non è lo strumento giusto per dare liquidità allo Stato e per rilanciare l’agricoltura. Gli agricoltori, specie i giovani, non hanno le possibilità economiche per acquistare, è impossibile avere accesso al credito. Un ettaro è valutato in media tra i 18 mila e i 20 mila ettari. Una cifra impossibile. La terra – sostengono – finirà nelle mani delle banche, degli investitori istituzionali, di chi ha soldi, in primis la criminalità organizzata”. I manifestanti non si limitano a dire no, ma avanzano una controproposta che invieranno questo pomeriggio ai senatori della Commissione agricoltura. “C’è tempo fino al 9 per presentare emendamenti. Siamo fiduciosi che la nostra voce verrà ascoltata”. L’idea è trasformare la vendita in affitto: in questo modo, spiegano, si garantirebbe un’entrata certa e costante allo Stato, che rimarrebbe il proprietario della terra e potrebbe quindi vigilare e proteggere tale patrimonio. La messa in locazione, proseguono, garantirebbe inoltre l’accesso agli agricoltori veri, specie i giovani, e potrebbe realmente rilanciare la produzione e l’occupazione. “Lo Stato manterrebbe il suo ruolo di controllo – spiega Legambiente – a tutto vantaggio della tutela dell’ambiente, del territorio e della biodiversità”. Questo anche in contesti semiurbani, dove l’agricoltura “può svolgere un ruolo importante di servizio alla cittadinanza attraverso gli orti o gli agri-nido o l’agricoltura sociale” spiega un rappresentante della Coop Carlo Pisacane, che la scorsa settima ha occupato un terreno nella zona di Tor Marancia a Roma per chiedere che “venga restituita una dimensione agricola alla città”. (ANSA)