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In linea di massima i cuochi medioevali avevano i cibi che abbiamo noi: carni, pesci, pollame, uova, cereali, legumi, erbe e spezie, vino, latte e latticini.
Un tale John of Garland scrisse un Dictionarius verso il 1250 nel quale sono indicati gli alimenti presenti sulle tavole dell’epoca e possiamo trovare: ciliegie, pere, mele, prugne, cotogne, nespole, pesche, noci, nocciole, fichi, uva, salvia, cardo, finocchio, cavolo, borragine, senape, solo per citarne alcuni.
Lungo le strade venditori, che non applicavano le buone prassi igieniche, vendevano oltre ai già citati alimenti, formaggi, frutta e verdura d’importazione come fichi, uva secca di Damasco, latte, burro, uova e cacciagione. Venivano, poi, venduti prodotti già lavorati come salsa all’aglio, fagioli cotti e salsa verde.
Carni, pesci e selvaggina: La lista delle carni e dei pesci usati nel Medioevo è vastissima. Si spazia dalla carne di maiale al vitello, al cervo, all’oca, al coniglio, al capretto, al daino, al montone. Per i pesci vale la stessa regola della molteplicità della scelta: luccio, storione, salmone, tinca, crostacei (come gambero, aragosta, ostrica), e poi ancora merluzzo, nasello, branzino, fino ad arrivare alle balene, foche e ai trichechi, tutti classificati come pesci. Non dimentichiamo che nel Medioevo il calendario cristiano prevedeva un’alternanza di giorni in cui era permesso il consumo della carne e del pesce. Molte ricette avevano versioni “per i giorni di magro” e “per i giorni di grasso”. Anche gli uccelli contribuivano ad aumentare la scelta delle portate per il banchetto: pernice, fagiano, piccione, anatra selvatica, quaglia, beccaccino erano i più amati. Gli uccelli di piccole dimensioni erano usati per farcire le torte salate. Carni, pesci e selvaggina subivano comunque una lunga cottura , poiché si pensava che così fossero più facilmente digeribili.
Erbe e spezie: L’uso massiccio delle erbe era dettato anche da motivi di salute, infatti con le erbe ci si curava. Oltre a quelle che era possibile coltivare nell’orto, le ricette prevedevano l’impiego di tante spezie costose provenienti dall’Oriente, come la cannella, lo zenzero e la noce moscata. Si riteneva infatti che lo zenzero “scaldasse” lo stomaco, aiutando la digestione e che i chiodi di garofano distendessero i nervi. Sempre secondo gli erboristi medievali, la noce moscata combatteva il raffreddore ed era indicata per le forme di depressione, mentre il cinnamomo era considerato un tonico importante. Naturalmente la presenza di una spezia costosa era evidente segno di ricchezza e di potere, ma i concetti di salute e ricchezza sono in questo caso strettamente legati.
Frutta e verdura: Con la frutta si iniziava solitamente il pranzo e con la frutta accompagnata da confetti lo si finiva. Era molto usata anche nelle torte salate e negli arrosti. La mela cotogna, il melograno, l’uva, il dattero, il fico, l’uva sultanina e la pera erano tra le preferite. Il succo d’uva puro era impiegato per pesci o carni in umido. Tra le verdure più comuni troviamo: lattuga, cavolo, piselli, sedano, rafano, porro, carciofo, lenticchie, rape. Anche noci, nocciole e castagne erano amatissime, ma le mandorle rivestivano un’importanza del tutto particolare, perché erano utilizzate in moltissime ricette, non solo per il loro sapore ma anche per il colore.
Mandorle: Le mandorle erano impiegate nei modi più disparati: tritate, macinate, a pezzetti, alla griglia, bollite. Esse erano inoltre l’ingrediente base per il “Biancomangiare”: una minestra preparata con riso o farina di riso, carne o pesce, più brodo e l’aggiunta delle mandorle che conferivano un gusto amarognolo molto gradito ai palati medievali. Il latte alle mandorle era usato sia come bevanda che come brodo per minestre e salse. Lo si otteneva aggiungendo al latte le mandorle tritate grossolanamente.
Uova: Il consumo di uova raggiungeva limiti strabilianti. Le ricette medievale le adoperavano da sole, nelle salse, con le erbe, per i ripieni e la decorazione finale: la famosa “doratura”. Questa operazione complessa fatta da persone specializzate proprio in quest’arte, consisteva nello spalmare arrosti di carne, selvaggina, pesci o torte salate, con una mistura di tuorli d’uovo, per dare loro un colore giallo acceso.
Miele: Il miele era onnipresente. Lo si adoperava non solo nei dolci al posto dello zucchero, ma anche nel pane, nei piatti di carne e in quelli di frutta. Il miele, infatti, era più facilmente reperibile e meno costoso dello zucchero che era importato, poiché spesso era prodotto nelle arnie domestiche.
Condimenti: Il condimento universalmente usato era il grasso di maiale, ossia il lardo, che era cotto e poi lasciato riposare per conservarlo. Diffuso era anche l’olio, utilizzato soprattutto crudo, per condire. La Chiesa raccomandava di osservare i giorni di magro (mercoledì, venerdì e sabato), perciò l’olio sostituiva il lardo e lo strutto nelle fritture, nei giorni di “penitenza alimentare”. Il burro era appannaggio dei ricchi, e spesso lo si doveva dissalare prima di utilizzarlo.