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La parola ‘frittella’, come il verbo ‘friggere’, ha un’origine etimologica onomatopeica: deriva il suo nome dal “rumore”, dallo sfrigolio dell’unto nella padella.
Era una pietanza, e un metodo di cottura, allora come oggi, molto comune e non è difficile reperire anche nei testi letterari la loro menzione; Teofilo Folengo, ad esempio, nomina le “frittolae” e le “fritellae” Anche i libri di cucina contengono quindi molte ricette per fare frittelle, spesso raggruppate in un capitolo apposito (Martino Rossi, Platina, Messisbugo.). Le frittelle potevano essere dolci o salate, con carne o pesce, con frutta o legumi, ma anche senza nulla dentro, come le famose “frittelle piene di vento” di Maestro Martino, “che si gonfieranno le frittelle che pareranno piene e saranno vote”, una ricetta di tanto effetto da essere riproposta anche da Cristoforo Messisbugo.
Frictelle piene di vento
Libro de arte coquinaria Maestro Martino da Como (sec.XIV)
Togli del fiore di farina et d’acqua di sale et del zuccaro, distemperarai questa farina facendone una pasta che non sia troppo dura, et falla sottile a modo di far lasagne; et distesa la ditta pasta sopra ad una tavola, con una forma de ligno tonda overo con un bicchiero la tagliarai frigendola in olio. Et guarda non ti vinisse bucata in niun loco, et a questo modo si gonfieranno le frittelle, che pareranno piene, et saranno vuote.
Farina , Acqua, Sale, Zucchero
Stemperare la farina nell’acqua, aggiungere il sale e lo zucchero e fare una pasta sottile come le lasagne; distesa la pasta su una tavola, con una forma o con un bicchiere tagliare e friggere in olio. Fare attenzione che non abbia buchi, così le frittelle si gonfieranno e senbreranno piene, ma saranno vuote.