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MILANO – I nostri figli passano sempre meno tempo in famiglia. Fuori, gli stimoli sono innumerevoli. E anche dentro casa spesso stanno a guardare la tv o incollati a internet. Così, se in passato era normale che le abitudini alimentari dei figli riflettessero quelle dei genitori grazie all’esempio vissuto in casa, oggi non è più così scontato: ognuno fa vita a sé, e sceglie da sé anche che cosa mettere in tavola. È la tesi di una ricerca pubblicata di recente su Social Science and Medicine da un gruppo di ricercatori della Bloomberg School of Public Health dell’università Johns Hopkins di Baltimora.
LO STUDIO – Non si può dire che la tesi poggi su numeri poco solidi: Youfa Wang, coordinatore dello studio, ha analizzato i dati del Continuing Survey of Food Intakes by Individuals del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense, che raccoglie informazioni socioeconomiche, demografiche, di salute e relative alla dieta di oltre 16 mila persone. Tra queste c’erano interre famiglie, così Wang ha esaminato in particolare la qualità della dieta di bimbi e ragazzi a confronto con l’alimentazione dei loro genitori. Scoprendo che le somiglianze sono scarse: «Le abitudini in comune sono poche – riferisce Wang –. A seconda dell’età e del tipo di rapporti familiari, ma anche delle condizioni socioeconomiche della famiglia, la correlazione fra dieta dei figli e dei genitori varia leggermente, ma il dato generale non cambia: evidentemente altri fattori, diversi dai comportamenti familiari a tavola, influenzano le scelte dietetiche di bimbi e ragazzi».
STILI DI VITA – Wang interpreta tutto questo come il segno dei mutamenti dello stile di vita dei figli: oggi conta meno l’esempio dei genitori perché il tempo trascorso in casa è diminuito rispetto al passato, ed è pure peggiorata la qualità delle ore passate insieme. Non a caso altri studi hanno dimostrato che se gli adolescenti mangiano più spesso in famiglia finiscono per acquisire abitudini alimentari migliori. Con la “disgregazione” della famiglia assumono un valore preponderante i modelli veicolati dalla TV (e non è una bella scoperta, basta guardare un blocco pubblicitario in mezzo a programmi per l’infanzia o l’adolescenza per accorgersene), ma anche dalla scuola, dagli amici, dall’ambiente esterno: se ad esempio nel circondario ci sono fast-food e distributori automatici di schifezze a ogni angolo, è assai più facile cadere in tentazione e mangiare cibi poco sani. «Questi dati hanno importanti implicazioni di salute pubblica: se i genitori possono ormai far poco per insegnare ai figli come mangiare in modo corretto, ogni intervento mirato a educare la famiglia per arrivare ai bambini è destinato a fallire: solo formare le mamme potrebbe avere qualche effetto, perché la dieta dei ragazzi è sempre più somigliante a quella madre che a quella del padre», considera il ricercatore statunitense. Sarebbe meglio modificare l’ambiente in cui vivono i ragazzi, se così stanno le cose. Dirlo è facile, ma di fatto è una missione quasi impossibile: forse sarebbe più giusto provare a recuperare rapporti più stretti in famiglia. A partire magari dai pasti condivisi.
fonte Corriere della sera