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Oggi la recuperata “Manifattura dei Marinati” è al contempo industria ittica e museo.
La concia e la marinatura delle anguille erano già un vanto di questi territori fin dai tempi degli Estensi. Il duca Ercole I era solito inviare, come dono natalizio, un cospicuo quantitativo di anguille salate alla signoria di Rimini. Dal 1709 l’attività della lavorazione delle anguille assume l’aspetto industriale con la fondazione della “Società dei Mercatini”. In questo nuovo contesto, il vanto della marinatura del pesce era rappresentato dalle “cuocitrici di anguilla”, che cuocevano i pesci allo spiedo davanti agli enormi camini.
Le anguille vengono selezionate per dimensione, decapitate, infilate manualmente nell’apposito spiedo e cotte lentamente davanti alla fiamma del camino. Dopo la cottura il prodotto viene tolto dallo spiedo e posto a raffreddare per circa una notte; quindi viene confezionata nel contenitore di latta insieme al liquido di governo (salamoia), composto da aceto di vino e sale, con l’aggiunta di foglie di alloro. Le latte vengono aggraffate e stivate.