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E’ un composto prodotto da una sfoglia di farina di frumento, strutto od olio di oliva, sale e acqua, che viene tradizionalmente cotta su un piatto di terracotta, detto teglia (teggia in romagnolo), ma oggi più comunemente viene cotta su piastre di metallo oppure su lastre di pietra refrattaria chiamate “testo” (test in dialetto). È, per dirla con Giovanni Pascoli, «il pane, anzi il cibo nazionale dei Romagnoli»: in realtà, lo era innanzitutto per i più poveri.
Diverse sono le correnti sull’origine della piadina e sulla sua forma e impasto originale. Fin dagli antichi Romani ci sono tracce di questa forma di “pane”. La prima testimonianza scritta della piadina risale all’anno 1371. Nella Descriptio Romandiolae, il cardinal Legato Anglico de Grimoard, ne fissa per la prima volta la ricetta: “Si fa con farina di grano intrisa d’acqua e condita con sale. Si può impastare anche con il latte e condire con un po’ di strutto”
La piadina romagnola è inserita nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani della regione Emilia-Romagna
Una buona piadina si accompagna storicamente con prodotti di stagione: erbe d’orto saltate in padella, cavoli, stridoli, e con l’infinita varietà di affettati (prosciutto, salame, ecc.), con formaggi (squacquerone soprattutto), marmellate di frutta o carne ai ferri.
Preparazione:
Gli ingredienti devono essere impastati e i composto va lasciato riposare per mezz’ora in un sacchetto di plastica per mantenere il preparato umido.
Successivamente l’impasto va diviso in panetti di circa 200g e quindi “tirato” a colpi di mattarello fino a formare delle circonferenze dello spessore di 3 mm. circa e, infine, la piadina va cucinata su una teglia caldissima di cotto o di ghisa.
La cottura, valutata ad occhio, che deve essere al punto giusto
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