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Questa caciotta, tipica della zona, viene fatta riposare e maturare in fosse ottenute nel banco di roccia arenaria su cui è fondato il paese stesso (il nome infatti deriva da thalamos, cioe’ grotte, abitazione); dopo tre mesi di stagionatura la caciotta è pronta ad essere consumata e prende il nome di L’Ambra di Talamello (così “battezzata” dal poeta Tonino Guerra), considerati gli odori e i sapori con cui si arricchisce. Questa usanza di mettere il formaggio nelle fosse non nasce con intento culinario: tutto il procedimento pare risalga al medioevo quando gli allevatori della zona dovevano nascondere i formaggi ai predoni e ai ladri; o piu’ semplicemente era necessario che li conservassero per un periodo piu’ lungo senza che questi seccassero eccessivamente. In questo caso si perde un poco di poesia, ma il sapore di questo prodotto rimane sempre impareggiabile.
Le fosse di conservazione del formaggio, profonde circa due metri e mezzo e larghe circa un metro e mezzo, ogni estate vengono ripulite e asciugate con una bella fiammata di paglia e sterpi poi, dopo aver posizionato un recipiente per il liquido sul fondo, le pareti della fossa vengono ricoperte con un sostegno di legno, canne e paglia.
In agosto, il formaggio fresco (pecorini, caprini e caciotte) viene messo in sacchi di iuta bianchi e calato nelle fosse che una volta piene vengono chiuse ermeticamente con tavole di legno e gesso: verranno aperte a novembre, mese anche della sagra che si tiene nel comune di Talamello, quando il formaggio avrà già acquistato tutta la sua particolarità di sapori e profumi.