Il panettone

Il Panettone è un tipico dolce milanese, associato alle tradizioni gastronomiche del Natale ed ampiamente diffuso in tutta Italia

Le origini del panettone sfumano a tratti nella leggenda. Ecco due storie. Messer Ughetto degli Atellani, falconiere, abitava nella contrada delle Grazie, a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere da lui come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, zucchero e uva sultanina. Poi infornò. Un successo strabiliante! Tutti vollero assaggiare il nuovo pane, e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono, felici e contenti. Il cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale, a cui erano stati invitati molti nobili del circondario. Ma ahimè! il dolce, dimenticato nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: “Con quanto è rimasto in dispensa – un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta –, stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola”. Il cuoco acconsentì e, tremante, si mise dietro una tenda, a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e, al duca che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò: “L’è ’l pan de Toni”. Da allora è il “pan di Toni”, ossia il panettone.

Il nome Panettone viene spiegato in tanti modi. Lo scrittore Pietro Verri lo chiama “pane di tono” cioe’ grande. Sembra che comparisse già sulle tavole del Duecento arricchito da miele, uva secca ma anche zucca. L’uvetta serve per augurare ai commensali fortuna e ricchezza: per forma, dimensioni e colore, ricorda infatti le monete d’oro

Pietro Verri narra di un’antica consuetudine che, nel IX secolo, animava le feste cristiane legate al territorio milanese: a Natale, la famiglia intera si riuniva accanto al focolare attendendo che il pater familiae spezzasse “un pane grande” e ne porgesse un pezzo a tutti i presenti in segno di comunione. Nel XV secolo, come ordinato dagli antichi statuti delle corporazioni, ai fornai che nelle botteghe di Milano impastavano il pane dei poveri (pane di miglio, detto pan de mej) era vietato produrre il pane dei ricchi e dei nobili (pane bianco, detto micca). Unica eccezione: il giorno di Natale, quando aristocratici e plebei potevano consumare lo stesso pane, regalato dai fornai ai loro clienti: era il pan de’ sciori o pan de ton, ovvero il pane di lusso, di puro frumento, farcito con burro, zucchero e zibibbo. Alla fine del ’700, una novità inattesa: la Repubblica Cisalpina s’impegnò a sostenere l’attività degli artigiani e dei commercianti milanesi favorendo l’apertura dei forni, mondo di delizie in cui guizzavano indaffarati i prestinée, e delle pasticcerie, regno incantato degli offelée. Nel corso dell’800, durante l’occupazione austriaca, il panettone diventò l’insostituibile protagonista di una piacevole abitudine: il governatore di Milano Fiquelmont era solito offrirlo al principe Metternich come dono personale. Così anche il panettone trovò nuovi acquirenti e sostenitori sempre più estasiati. La sua storia era davvero cominciata.

 

 

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