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In passato l’oca era uno degli animali da cortile allevati dai contadini per la produzione di grasso da impiegare come condimento, da solo o mischiato con grasso di maiale.
La gastronomia d’élite invece ne ricercava il fegato per la preparazione del paté, celebrato sino dal periodo imperiale romano (i Romani nutrivano le oche con fichi per fare loro ingrossare il fegato) Nel mondo contadino l’oca rivestiva un’importanza rituale, che ne faceva uno degli alimenti ricorrenti in particolari festività: nel Nord della Francia era ricercato per i matrimoni; in Germania e in Boemia si mangiava per San Martino (11 novembre),in Inghilterra per San Michele (29 settembre), in Lombardia per San Siro (9 dicembre) e per San Silvestro, nelle Marche e in Umbria per Ognissanti.
A Mortara la sagra dell’oca, secondo “La guida gastronomica d’Italia del 1969”, si teneva (e si tiene) l’ultima domenica di settembre. In tutta Europa costituiva una delle attrazioni delle fiere di paese,nel cruento gioco rituale del tiro dell’oca: i giovani dovevano riuscire a staccare la testa del pennuto vivo, appeso per i piedi ai rami di un albero, saltando o passandoglisotto a cavallo.
Oggi le oche sono allevate in numero limitatissimo, in Lombardia soprattutto nella zona di Mortara, e il mercato italiano si avvale per lo più di capi allevati all’estero,proponendoli come specialità, a prezzi solitamente elevati.
La tradizione lombarda rischia così di perdere alcuni dei suoi monumenti gastronomici: l’oca arrosto e quella ripiena di marroni e salsiccia, con o senza contorno di prugne; l’oca con i fagioli borlotti della Lomellina e quella in salmì del comasco (per non parlare delle fricassee di lingue d’oche descritte dallo Scappi nella sua Opera). Cougnet, all’inizio del XX secolo, menzionava ancora sia l’oca alla comense con marroni e cipolline di Como, che quella farcita alla milanese con salsiccia, mele, marroni, prugne e noci
È un piatto noto in tutte le zone prossime al Ticino, sia della riva lombarda sia di quella piemontese ma diffuso anche nelle aree collinari dove l’oca, buon pascolatore, era presente tra gli animali da cortile.
Non è del tutto convincente la tradizione che ne lega l’origine alla cucina kasher dei ghetti di Alessandria e di Novara (che sicuramente ne incrementarono la diffusione), perché fino alla metà del secolo scorso le ricette della cassoeula prescrivevano l’impiego di carne e interiora di pollo e di altri volatili, mentre il maiale vi ha assunto un ruolo esclusivo solo a partire dal nostro secolo.
Nelle preparazioni casalinghe l’oca non viene spellata. La carota arricchisce spesso il battuto, che alcuni ricettari consigliano di rendere più grasso con pancetta pestata. Come altri piatti tradizionali,anche l’oca con le verze può essere preparata nella versione più antica, senza pomodoro. Non è rara l’aggiunta di costine o cotenne di maiale alla carne d’oca.
Preparazione per 6 porzioni
Ingredienti: OCA (1 intera), VERZE SCURE (2 kg), BURRO (50 g), OLIO DI OLIVA (50 g), ALLORO (2 foglie), SEDANO (80 g), POMODORI MATURI (100 g), CIPOLLE (50 g), VINO BIANCO SECCO (200 cc), BRODO (q.b.), SALE (q.b.).
ESECUZIONE
Tagliare l’oca a pezzi e rosolarla in una casseruola con olio e burro. Aggiungere alloro, cipolla tritata e sedano a pezzi. Lasciare imbiondire la verdura, aggiungere il vino bianco e pomodori tagliati a filetti. Bagnare con il brodo poco salato e portare a 3/4 di cottura. Aggiungere le verze e finire di cuocere. Servire quando le verze sono ben cotte.
fonte buonalombardia