Ciauscolo

O ciabuscolo o ciavuscolo. E’ uno dei più tipici salumi marchigiani, molto apprezzato per il gusto e per la sua particolare morbidezza che lo rende spalmabile. Si produce in tutta la regione, ma principalmente nelle province di Ancona, Ascoli Piceno e Macerata.
Fra gli insaccati ricavabili dal maiale, bisogna quindi distinguere quelle tipologie confezionate con le parti migliori, rispetto a quelle per la cui preparazione si usavano le parti meno pregiate. Fra queste ultime compare il “ciauscolo”, che è un insaccato “povero” di magro e “ricco” di grasso per almeno metà della sua composizione: da qui la sua morbidezza e la sua “spalmabilità” anche nel lungo periodo. Gli aromi di concia lo hanno poi trasformato in un prodotto “ricco” di sapore, del quale si riscoprono volentieri i pregi e la tipicità, conservatasi per secoli e secoli in un territorio tanto vasto da consentirne una molteplicità di varianti, ma anche tanto piccolo, appena tre province, da renderlo tipico prodotto alimentare di carattere prettamente locale e “piceno”, diffuso su tutta l’area della Marca Anconetana, come abbiamo ampiamente ricordato in altra parte del presente volume.
Ciauscolo è un etimo del tutto singolare, che si vorrebbe spiegato come diminutivo latino di “cibo”: i lemmi dialettali consolidati e tramandati dalla tradizione antica di “ciauscolo” o “ciabusco” o “civuscolo” o “cibbusco” sarebbero la corruzione del nome latino “cibusculum” assegnato a questo insaccato “piceno”, usato fuori dai pasti principali caldi. Un pasto secondario “freddo”, quindi, come una “merenda”, da consumare senza bisogno di accendere il fuoco: un piccolo pasto, insomma, un pasto preconfezionato e di lunga conservazione, particolarmente adatto per allevatori itineranti o transumanti, quindi, più che per agricoltori stanziali.
E i piceni, popolazione bellicosa dedita all’allevamento più che all’agricoltura, non potevano che sviluppare una tecnica di conservazione della carne di maiale che ne consentisse anche la sua piena utilizzazione. Parti nobili del maiale potevano essere facilmente individuate, sezionate e conservate, come i prosciutti, le spalle, le lonze, la pancetta e il lardo, ma ben più ardua si presentava la conservazione delle carni secondarie di rifilatura di tali parti nobili e delle altri parti grasse, né queste potevano essere consumate tutte subito. Secondo la ricetta tradizionale bisogna prendere le parti più saporite del maiale, come i ritagli della polpa di spalla, del prosciutto, del capocollo, delle costate disossate e della pancetta in una percentuale che, mediamente, si aggira intorno al 60 %, ma attualmente si utilizzano carni suine di prima e seconda scelta alle quali sono aggiunte una consistente parte di grasso, pari a circa il 30-50 %, per mantenere morbido l’impasto, e quindi conciate con sale, pepe, scorza d’arancia, finocchio a piacere, aglio e vino cotto. Le carni sono poi sminuzzate finemente e tritate, utilizzando trafile sempre più piccole, in modo da ottenere una pasta spalmabile, morbida e omogenea da lasciare riposare per qualche ora e da insaccare poi nella maniera classica nel budello naturale “gentile” del maiale, che viene legato con lo spago. Il ciauscolo, che è simile a una grossa salsiccia del peso variabile fra 500 e 1500 grammi, è poi messo ad asciugare vicino al camino per alcuni giorni per l’affumicatura con bacche di ginepro.
Successivamente viene trasferito in un luogo fresco, asciutto e areato come la cantina, dove si conserva bene e dove termina la stagionatura, da un minimo di venti giorni a due o tre mesi massimo, stagionatura che, comunque, non deve essere troppo prolungata. Generalmente viene consumato fresco, venti-trenta giorni dopo la preparazione: alcuni lo preferiscono più stagionato poiché, col tempo, acquista unaconsistenza maggiore e un aroma più intenso. Al taglio, la fetta deve presentarsi di colore rosa grigio, di consistenza morbida e spalmabile, con un penetrante aroma di spezie in cui la dominante può essere l’aglio o il finocchio. Salame spalmabile, caso quasi unico in Italia, il ciauscolo molto simile ad alcuni salumi dei francesi e per questo molto amato da essi. Al palato si presenta pastoso, sapido e aromatico. Esiste una variante con 50 % di carne, 40 % di fegato e 10 % di grasso. Attualmente la tendenza di alcuni produttori è di rendere l’insaccato più magro, diminuendo la percentuale di grasso presente, con grande gioia di chi è costretto a una dieta povera di grassi ma non vuole privarsi del piacere di una fetta di ciauscolo.
La sua preparazione avviene da dicembre a gennaio e successivamente viene utilizzato per merende, spuntini, antipasti, per la degustazione del vino, come piatto completo, accompagnandolo con verdure di stagione, sia cotte che crude. Nelle colazioni dei lavoratori agricoli stagionali, questo insaccato morbido e fortemente aromatizzato era uno degli alimenti preferiti e i buoni dai cattivi “padroni” si riconoscevano anche dal numero delle fette di ciauscolo elargite alle “opere”. Oggi può essere reperito nelle macellerie artigiane, nelle gastronomie o direttamente nelle aziende agricole o agrituristiche

 

fonte www.aspea.an.it

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