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La semplicità nel preparare e abbinare i prodotti tipici del territorio – dagli arrosti ai salumi, dalle zuppe agli ortaggi, dal rinomato olio al caratteristico pane senza sale – è la caratteristica distintiva della cucina toscana
Un tratto tipico della cucina toscana è la sua semplicità, che non vuol dire né povertà né improvvisazione. Non si dimentichi infatti che furono i cuochi al seguito di Caterina de’ Medici, andata sposa nel 1533 al figlio di Francesco I, il futuro re Enrico II, a portare in Francia il gusto per i piatti elaborati e a gettare le basi della più sofisticata cucina occidentale; e nel Seicento il matrimonio di un’altra Medici, Maria, con Enrico IV, ribadì i fasti della tavola. Ma le abitudini del Palazzo non si estesero alla Piazza, che continuò a coltivare una tradizione gastronomica di grande sobrietà. Cardine della cucina di questa regione sono le carni – bovine, ovine, suine e anche cacciagione e pollame – cotte allo spiedo, alla griglia, in forno, in umido o bollite. Da non perdere l’“arista” stecchettata con aglio e rosmarino, i “fegatelli” di maiale cotti allo spiedo nella retina o infilati su stecchi con alloro e alternati a crostini di pane, o i “fegatelli” di pollo che entrano nella minestra in brodo e che, con la milza di vitello, sono l’ingrediente dei “crostini” ad apertura del pranzo. Chi non poteva permettersi la carne portava in tavola uova, legumi, ortaggi. Non mancava il modo di insaporirli: aglio, cipolla, erbe aromatiche (mentuccia, “ramerino”, nepitella), sale e pepe, assai diffuso in una terra di mercanti come la Toscana.
Gli insaccati vanno dalla “finocchiona”, un grosso salame insaporito con i semi di finocchio, alla “soppressata”, galantina di carne di testa con lingua, spezie e pistacchio, ai prosciutti di maiale e di cinghiale, alle salsicce e ai sanguinacci. I primi piatti più noti sono le pappardelle con il sugo di lepre, ma più che le pastasciutte sulla tavola toscana dominano le minestre, come la “pappa col pomodoro” e la “ribollita” a base di pane e cavolo nero.
Lungo il litorale si mangia un ottimo pesce che acquista un sapore forte per l’abbondanza di peperoncino. Il “cacciucco” è un piatto tipico di Livorno; squisite sono le triglie alla livornese; a Pisa e dintorni si preparano le “ceè”, anguille neonate cotte nell’olio, salvia e aglio.
Il formaggio toscano è per eccellenza il pecorino. Il più pregiato è quello delle “crete” senesi e aretine dove fioriscono i fiori di assenzio che danno al latte un aroma particolare. La qualità più pregiata è il “marzolino” della zona del Chianti. Un contorno – ma possono anche essere un piatto a sé stante – sono i fagioli, introdotti in Toscana nel Cinquecento da Clemente VII de’ Medici che li aveva avuti dall’imperatore Carlo V. In quello stesso periodo si diffusero anche nel Veneto, e in entrambe le regioni sono un alimento diffusissimo. Oltre che lessati e conditi, si mangiano all’uccelletto, cioè con salvia e succo di pomodoro. Il tradizionale recipiente di cottura è il fiasco spagliato messo sulla brace; l’imboccatura viene coperta con stoppa in modo che il vapore possa fuoriuscire durante la lunghissima cottura, l’acqua consumarsi e i fagioli assorbire l’olio.
Fra i dolci, che non sono moltissimi, notiamo il castagnaccio, il “panforte”, ricchissimo di frutta secca e di spezie, i “ricciarelli” di Siena, a base di marzapane; i “cantucci” di Prato, biscottini secchi profumati di anice e arricchiti di mandorle che si inzuppano nel vinsanto.