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L’origine del nome “stracon” è da ricercare nella parlata dialettale veronese che significa “tanto stanco”, e veramente stanco doveva essere il latte che un tempo veniva utilizzato per la produzione di questo formaggio, perché proveniente da animali in transumanza. In una “Convenzione perpetua” datata due luglio 1793, relativa ad un pascolo in Campofontana, si trova scritto “Vivendo ab immemorabile in comune d’una pezza di terra pascoliva, boschiva sassosa…della quantità di campi ottocento circa…fu necessità di dover tal beneficio affittarlo per supplire a tante spese incontrate, riservandosi solo ad uso di pascolare comune alle nostre montagne …sia caricata di vacche…” Dove per “caricata da vacche” s’intende, in termini popolari, la pratica secolare della transumanza attuata nella provincia di Verona.
Tra l’ultima decade di maggio, per le malghe più basse, e la prima decade di giugno, per
quelle ad altitudine più elevata, si portava a compimento l’operazione di “carico” dei pascoli estivi. La monticazione, per consuetudine altrettanto secolare aveva termine il giorno di San Michele, trenta settembre. Originariamente il latte che se ne traeva durante il percorso dalla pianura verso i pascoli montani, e viceversa, veniva caseificato lungo il percorso e posto in sacchi o ceste di vimini, e lasciato a scolare il siero sul dorso di animali da somma. A questo formaggio veniva dato il nome di “stracon”. Successivamente, con tale termine, si è venuto ad indicare anche il formaggio prodotto nelle malghe con latte di vacche pasculanti negli alti pascoli, dove la scarsa presenza di cotica erbosa imponeva al bestiame di effettuare lunghi tragitti giornalieri. (da “Lessinia ieri oggi domani. Quaderni culturali”, dal 1978).
Nell’Archivio di Stato di Verona si trovano documenti contabili dei monasteri che testimoniano come questa antica tipologia di formaggio venisse dato in pagamento
per gli affitti “livelli” dei pascoli.
Il formaggio Stracon è prodotto nei periodi dell’alpeggio, a pasta semicotta, ottenuta
da latte intero di vacca, da una mungitura, non pastorizzato, con acidità naturale od indotta, cagliatura a mezzo di caglio in polvere. La pasta ha un’occhiatura fitta, di colore giallo paglierino, dal sapore dolce e sapido che diventa intenso quando invecchiato, con una vena amarognola e leggermente aromatica e dal profumo gradevole. Ha forma cilindrica, diametro 20-25 cm, scalzo 7-9 cm, facce quasi piane con crosta asciutta e pulita, di colore giallo del peso di circa 6 kg.
La lavorazione è a latte intero e crudo, con acidità naturale o indotta. La salatura è a secco o in salamoia. La coagulazione avviene con caglio in polvere. Durante la stagionatura le forme vengono periodicamente rivoltate per evitare che si producano rigonfiamenti sulla faccia esterna .
Un tempo gli ambienti di lavorazione e stagionatura erano quelli della malga, ora sono normali caseifici di montagna. La stagionatura avviene in locali con temperatura fresca ed elevato tasso d’umidità.
fonte Regione Veneto