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L’uso di essiccare il merluzzo (Gadus morhua) per conservarlo è antichissimo: vi sono documenti che attestano questa pratica nei Mari del Nord sin dai tempi di Carlo Magno (IX secolo).
La Confraternita del Bacalà riporta una leggenda secondo la quale “Si racconta che, nel 1269, i vicentini che tentavano l’assalto al castello di Montebello, difeso dai veronesi, alle guardie che gridavano altolà, rispondessero: oh, che bello, noi portiamo polenta e baccalà. E subito i veronesi, golosi, spalancarono il portone…”.
Lo stoccafisso sarebbe stato introdotto nel Triveneto dai veneziani, che erano grandi navigatori e portavano in patria ogni novità. La più diffusa versione dei fatti sostiene che nel 1432 la spedizione agli ordini del capitano veneziano Pietro Querini naufragò in Norvegia, sulle coste delle Isole Lofoten. Rientrando a casa, il Querini portò lo stoccafisso, che nel Triveneto è tuttora chiamato baccalà (mentre il baccalà nel resto d’Italia indica il merluzzo conservato sotto sale). I veneziani videro nello stoccafisso un’allettante alternativa al pesce fresco, costoso e facilmente deperibile. Nacque allora la tradizione di consumare questo piatto secondo varie ricette, tra le quali il bacalà alla vicentina.
Il Comune di Sandrigo (pochi chilometri a Est di Vicenza) si definisce “patria del baccalà”, vantando legami storici con le Isole Lofoten e organizzando una festa annuale, che dura una intera settimana, in onore di questo splendido pesce essiccato.
Il bacalà o baccalà alla vicentina è un piatto tipico della cucina vicentina a base di stoccafisso (merluzzo essiccato).
La ricetta è tramandata di generazione in generazione e quasi ogni famiglia utilizza una o più piccole varianti, in genere custodite gelosamente.
Il baccalà deve essere di eccellente qualità; la migliore è considerata quella detta Ragno che proviene dalle Isole Lofoten in Norvegia. Deve essere messo a bagno per tre giorni, in acqua corrente, perché si ammorbidisca, poi deve essere pestato e pulito, quindi infarinato e cotto a fuoco lentissimo con abbondante cipolla in un tegame di coccio, ricoperto di latte e olio in uguali quantità; viene servito con abbondante polenta gialla.
Dalla seconda metà del XX secolo la Confraternita del Bacalà, un’associazione di ristoratori e buongustai nata nella provincia di Vicenza, promuove questo antico piatto nel rispetto della ricetta originale.
Per 6 persone:
500 g di baccalà ragno (peso secco, se comprate quello già ammollato 1000-1200 g), 1/4 L latte, 1/2 L olio extravergine di oliva,250 g di cipolle (preferibilmente rosate), 2-3 acciughe, sale q.b., farina q.b.,prezzemolo
Lasciare in ammollo il baccalà per 3 giorni perché si ammorbidisca, cambiando spesso l’acqua (ogni 4 ore)., Togliere lische, spine, pelle.,
tagliare la cipolla a velo. e il baccalà a pezzi grossi e di seguito infarinarli, soffriggere la cipolla in metà olio, aggiungere l’acciuga, il prezzemolo tritato fine.
Mettere due cucchiai del precedente fondo di cottura in un tegame di coccio e aggiungere il baccalà e irrorarlo con il restante fondo di cottura.
Ricoprire con una miscela di latte ed olio extravergine di oliva. Lasciar cuocere a fuoco lentissimo almeno 4 ore – 4 ore e 1/2