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Di Carsten Tolkmit from Kiel, Germany – |
Si dice che la distillazione delle vinacce sia iniziata nel Veneto tra il 1200 e il 1300, quando Venezia era un importante mercato di acquavite di vino e di vinaccia che esportava in Germania e Oriente, come rimedio contro la peste e la gotta.
Già all’inizio del 1400 l’opera “De arte confetionis acquae vitae”, del medico padovano Michele Savonarola, era considerata un importante punto di riferimento per i distillatori che volevano perfezionare la loro tecnica.
L’uso della grappa era essenzialmente terapeutico, per casi di soffocamento ed intossicazione, per sfregamenti contro il congelamento o come aiuto per un’azione più efficace di altri medicamenti da ingerire. Proprio perché doveva servire esclusivamente a scopi terapeutici, la produzione della grappa era riservata ai farmacisti e ai medici: per questo, nel 1601, sempre a Venezia, nacque la “Congrega dell’Università degli Acquavitai”.
Nel 1876, a Conegliano, nasce la “Regia Scuola di Viticoltura ed Enologia” dove lavorò il ricercatore enologico Emilio Comboni, che tanto contribuì al miglioramento qualitativo di questo distillato (l’alambicco a fuoco diretto che lui perfezionò e divulgò è diventato il simbolo della grappa veneta). Nel secondo dopoguerra il prodotto fece un balzo sostanziale e di immagine che gli consentì di emanciparsi definitivamente da un retaggio di “rusticità”, per puntare verso il perfezionamento qualitativo all’insegna della leggerezza.
Il termine “grappa” viene comunemente usato per l’acquavite ottenuta attraverso la distillazione delle vinacce, ricca di profumi e di sapori. I vitigni da cui più comunemente derivano le vinacce da sottoporre a distillazione sono i Pinot, lo Chardonnay, il Prosecco, il Verduzzo, il Tocai, il Merlot, il Cabernet, il Raboso, il Friularo, il Moscato, il Cruvajo, il Tocai rosso, il Vespaiolo, il Sauvignon e il Riesling.le zone interessate a questa tradizione sono la fascia collinare delle provincie di Verona, Vicenza, Treviso.
L’apparecchio tuttora utilizzato per produrre la grappa “artigianale” è un alambicco (o “lambicco”), ovvero una caldaia in cui si pongono le vinacce da distillare: il vapore che se ne sprigiona viene raccolto e portato allo stato liquido in una tubatura dove si condensa. Questo procedimento, apparentemente semplice, richiede molta attenzione (perché non si brucino le vinacce).
Attualmente la grappa è stata rinnovata nel suo gusto attraverso tecnologie che consentono alle vinacce una fermentazione “controllata”, così come avviene per l’uva.Con questi procedimenti è nata una nuova generazione di grappe leggere e fruttate, in grado di soddisfare i gusti più moderni che cercano naturalità e finezza.
Liquore tradizionale della Marca Trevigiana, l’Amaro al Radicchio Rosso è reperibile anche presso alcuni rivenditori specializzati nelle altre province venete e specialmente in quelle di Venezia e Padova.
La grappa è un ottimo distillato per concludere un pasto, ma viene anche utilizzata per le preparazioni di pasticceria.
Questo prodotto del resto è stato anche in passato una prerogativa regionale perché esisteva già quattro secoli or sono in Veneton un sodalizio per la tutela del mercato delle acquaviti. Un sistema di consorzio di tutela sul prodotto doc ante litteram.
La grappa è un prodotto povero perché viene realizzata attraverso la distillazione delle vinacce che sono il materiale di risulta della produzione del vino che altrimenti veniva sparsa per i vigneti per concimare il terreno. L’uso aveva un riscontro sia gastronomico che sanitario. La grappa era uno degli ingredienti del caratteristico “aperitivo agricolo” assieme al vino e all’acqua, e la componente del “grigioverde”, il caratteristico bicchierino di grappa e menta che un tempo gli uomini bevevano alla “bottega”, il bar dei poveri, e che offriva ristoro dal freddo. Nel caso di febbre erano poi abbondanti le innaffiature di “latte e grappa” che venivano servite ai malati nell’intento di fargli riprendere le forze dopo una abbondante “sudata” fra le coperte di lana del letto. Vecchi, malati, ma anche bambini. Tant’è che un utilizzo un poco azzardato trasformava l’alcolica bevanda in una specie di “primitiva anestesia” per i bambini che si toglievano i dentini da latte. Dopo la dolorosa estrazione, un fazzolettino intriso di grappa veniva apposto sulla gengiva ferita che veniva in questo modo al momento sanata grazie all’effetto anestetico dell’alcool.
Oggi questo prodotto viene tutelato in Veneto dall’Istituto “Grappa Veneta” che raccoglie l’eredità morale del Sodalizio di Tutela del Mercato delle acqueviti ed operativa, coinvolgendo tutte le entità economiche che ricavano un reddito dalla grappa, tanto i distillatori di vinaccia quanto gli imbottigliatori o le aziende vitivinicole che la commercializzano.
L’impegno dell’istituto si articola in un’ampia progettualità che intende tutelare e valorizzare la grappa nel suo rilevante valore culturale e nel suo forte radicamento alla terra veneta, regione leader in questa produzione. Gli obiettivi primari dell’Istituto riguardano la valorizzazione dell’immagine della Grappa Veneta, il suo sviluppo commerciale in Italia e all’estero, il corretto utilizzo dell’indicazione geografica, la promozione dello sviluppo tecnologico, l’incontro e la formazione degli imprenditori e dei collaboratori che operano nel settore.