L’oro del Veneto..la polenta

La polenta è il cuore della casa veneta, il simbolo popolare della sua cucina; nel Veneto, si sono sperimentate tutte le variazioni gastronomiche possibili della polenta. A Venezia esistevano dolci rustici, molto comuni, fatti con farina gialla prima della scoperta dell’America e a metà del XVI secolo, in Friuli, si fa la polenta con il “grano saraceno”. Queste due realtà ci inducono a pensare che il famoso mais (mahiz, lo chiama Colombo, imparando il termine degli indigeni dell’isola Hispaniola) sia arrivato nel Veneto attraverso i traffici veneziani con l’Oriente, in tempi remoti. Le prime coltivazioni di mais si ebbero trent’anni dopo la scoperta dell’America, in Andalusia, per opera di agricoltori di origine araba che lo usavano come mangime per gli animali. Dal Golfo di Biscaglia, il mais si diffonde nel XVII secolo in tutta Europa, anche per la spinta che viene dai coloni americani, e si espande lungo una fascia precisa, attraverso la Spagna, la Francia, l’Italia, i Paesi danubiani, l’Ucraina, fino al Caucaso. Più a nord, il clima era troppo freddo, più a sud troppo secco. La preparazione è ovunque la stessa: si fa cuocere la farina gialla in acqua o brodo, vi si aggiunge, alla fine, burro, latte, formaggio, sughi e carne. Le attuali ricette della polenta impastizada, della polenta infasolà, della polenta onta, ecc., si rifanno a questo antico uso, derivato dalla maniera di preparare la puls romana.La parola “polenta”, infatti, conserva la sua origine latina, puls, plurale pultes. Allora, la polenta era fatta con il farro, un cereale più grosso e duro del comune frumento, e non offriva la consistenza della polenta di farina gialla. Si condiva con latte, formaggio, carne di agnello, oppure con salsa acida e maiale. La puls era conosciuta in tutta l’area mediterranea e Apicio ci parla della puls punica, fatta con farina, formaggio fresco, miele e uova. Lo stesso autore ci riporta la preparazione delle pultes julianae, le polente friulane e venete con la spelta o il panico, con l’aggiunta di olio o latte, formaggio e sughi di carne. Nel De honestate voluptate et valetudine del Platina, alla fine del XV secolo, ritroviamo la polenta di farro. La torta si otteneva mettendo in padella, in teglia, a strati, polenta e condimenti, con una “spolverata” di zucchero e acqua di rose. La polenta di granoturco risolve subito i molti problemi alimentari delle popolazioni povere, fino a quando, nella metà del XVIII secolo, non apparve la pellagra, causata, si disse, dal continuo consumo di polenta. “Ci sono voluti decenni, si è dovuto arrivare a questo secolo prima di capire che la pellagra era conseguenza di una mancanza di vitamine” (Carnacina – Buonassisi) e si riconobbe l’antica saggezza dei Maya e degli Incas, che avevano fatto del mais la base della loro alimentazione ma vi univano quanto vi mancava.

Testo tratto da “La cucina tradizionale veneta” di Dino Coltro Ed. Newton

Ingredienti

gr. 500 farina di granturco ; sale .

La Ricetta

Prendete una pentola di rame stagnato oppure di acciaio abbastanza alta, e versateci dentro due litri di acqua circa. Non è possibile dare un tot preciso della quantità di acqua ch servirebbe poichè questa dipende da vari fattori tipo la qualità della farina, dalla sua umidità e dall’intensità del fuoco.

Durante la cottura non si dovrebbe aggiungere altra acqua, ma se per caso vi accorgete che la polenta sta diventando troppo dura e non riuscite più a mescolarla con il mestolo allora potete aggiungere un pò di acqua , ma attenzione! Bisogna che questa sia bollente per non interrompere la cottura.

Appena l’acqua bolle prendete la farina e lanciatela dentro a “pioggia” continuando a mescolarla con il mestolo. Non andate di fretta nel mettere la farina e utilizzate questa tecnica che vi permetterà di evitare la formazione dei grumi. E badate che l’acqua continui a bollire. Cuocete a fuoco vivace rimestando in continuazione.

La cottura devo durare 50 minuti, ma l’elemento che vi fa capire che la polenta è cotta è quando essa tende a staccarsi dai bordi. Attenzione : è fondamentale che la polenta sia ben cotta perchè cosi diventa più digeribile.

Versatela poi o su un tagliere di legno oppure su un piatto grande e mettetegli sopra un tovagliolo. Prendete un filo bianco e tagliatela con questo. Questa è sia una tradizione veneta, ma anche un ottimo modo per ottenere le fette dritte e perfettamente rettangolari. Quel che resta della polenta la si può tenere poichè il giorno successivo è ottima da abbrustolirla. Prendete le fette rimanenti e mettetele su una piastra metallica ben calda e girate le fette quando si forma la crosticina

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