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Il “Pan biscotto” nel Veneto è un prodotto di antica tradizione e ancor oggi è particolarmente consumato nel Basso Vicentino e nel Polesine. In queste zone il pan biscotto era tradizionalmente preparato nelle “casade” o fattorie di campagna, dove vi era un forno a legna che veniva adoperato dai salariati. Mediamente si faceva il pane per la famiglia ogni 15 giorni, ed era quindi necessario ottenere un prodotto facilmente conservabile.
Anche Venezia aveva una grande tradizione nel pan biscotto o gallette. Utilizzato inizialmente nelle navi già nel 1280, esisteva una Magistratura che controllava la fabbricazione di questo prodotto, principalmente usato in alternativa a quello fresco.
Ogni famiglia ne teneva una scorta, in sostituzione c’era solo polenta. Gli anziani dicevano: “col pan tuto xsè più bon”, e così lo accompagnavano ad ogni tipo di pietanza, persino alla frutta: pan e pomo, pan e pero, pan e nose, e persino pan e anguria! Forse una volta l’azione principale era quella di sfamare tante bocche con pochi costi, ma poi con il tempo qualcuno deve essersi accorto che era veramente buono, dato che tantissime persone ancora oggi mangiano la frutta accompagnata dal pan biscotto e non certo perché non hanno niente altro da mangiare, come magari poteva essere nei tempi passati.
Il pan biscotto è un tipo di pane tipicamente veneto con una lavorazione molto semplice e un tempo di conservazione piuttosto elevato, circa sei mesi, prodotto con pasta molto dura, ottenuta da farine di media forza. Gli ingredienti caratteristici sono rappresentati: dal lievito di birra, che una volta e in qualche esempio ancora oggi, si conservava dal precedente impasto un 10% di pasta da aggiungere al nuovo perché contribuiva alla lievitazione, detta bìga; sale fino, acqua, farina, olio extravergine d’oliva aggiunto eventualmente in quantità circa di 0,3% e strutto, ma quest’ultimo ingrediente veniva utilizzato soprattutto un tempo.
Le metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura prevedono un impasto molto consistente, duro, del peso di 30-40 kg. Dopo la lunga lievitazione, della durata di 4-5 ore, le forme di pane vengono messe su tavole.
La procedura di lavorazione inizia con l’impasto di tutti gli ingredienti, effettuato a mano una volta e nell’impastatrice, oggi, per circa 20-30 minuti. Nel Polesine è tipico l’impiegato dl lievito dei giorni precedenti, lievito madre, rinfrescato di giorno in giorno. Al termine l’impasto viene depositato sulla classica madia, affinché avvenga la prima grande lievitazione, circa un’ora di lievitazione che d’estate può dimezzarsi, in dipendenza comunque dalla consistenza dell’impasto: più duro è più tempo occorre; sulla superficie di legno viene cosparsa della farina perché l’impasto non si attacchi e, per lo stesso motivo, il canovaccio nel quale viene avvolta la pasta è una tipica tela grezza di canapa o cànevo.
La pasta viene quindi domata a mano in una forma allungata, un grosso rotolo di pasta, tagliato successivamente in fette che variano circa dagli 80 ai 150 gr (per ottenere la classica ciòpa di pan biscotto, forma irregolare di pane molto diffusa nel Vicentino); l’operazione avviene oggi anche attraverso una macchina con rullo, la formatrice, che lavora e taglia al pasta. Le ciòpe vengono quindi messe su assi di legno, con la tela di canapa sotto e sopra, dove avviene la seconda lievitazione (più breve, circa mezz’ora, d’estate possono essere sufficienti 20 minuti); d’estate i canovacci possono essere leggermente bagnati per conservare l’umidità. Durante questa lievitazione si forma una pellicola, quasi la prima crosta del pane. Ci sono molti metodi per vedere se la lievitazione è avvenuta, si può fare, secondo uno di questi valido anche per la prima lievitazione, una leggera pressione con un dito sulla pellicola: se la pasta ritorna al livello precedente vuol dire che la lievitazione è compiuta, se viceversa la pellicola si buca la ciòpe non sono ancora pronte.
Nel frattempo il forno è stato acceso. Alla temperatura di 210-240°C viene pulito dalle braci per l’inserimento delle forme di pane. Infornate con pale di legno, queste ultime vengono disposte ordinatamente che non si tocchino. Quindi il forno viene chiuso ermeticamente, per permettere il la formazione di una lieve pressione che aiuta la cottura e l’aumento di dimensione delle ciòpe; difatti avviene nel forno una sorta di terza lievitazione, capace di far raddoppiare il volume delle forme (l’umidità, sprigionata dal pane a contatto con il calore, crea una nube di vapore all’interno che dà la colorazione al pane). Dopo 15 minuti i registri (piccole aperture del forno poste in alto simmetricamente) possono essere aperti di modo da far uscire l’umidità non più necessaria, richiusi poi subito. Passati 15-20 minuti, il forno viene aperto per rigirare le ciòpe perché altrimenti tendono sotto a prendere troppo colore e a cuocersi troppo (l’operazione è possibile perché a questo punto le forme hanno già una certa consistenza). Dopo 5-10 minuti ulteriori di cottura il pane viene estratto. E’ importante che non si arrivi ad una cottura completa delle forme, ma circa di un 70% rispetto al pane normale, di modo che non si formi la caratteristica crosta un po’ lucida che ostacola la biscottatura: difatti la crosta, durante la fase di biscottatura, costringe l’umidità all’interno della forma facendo diventare il pan biscotto duro, non croccante e fragrante come necessariamente dev’essere.
Estratte, le forme vengono riposte nuovamente, affinché raffreddino, sulle assi di legno con sotto canovacci di canapa, questa volta però non coperte. Il forno intanto deve raffreddare anch’esso, dai 200°C di fine cottura, ai 140°C: a tale scopo vengono spalancati bocca e registri facendo in modo che l’ambiente sia aerato. Si riprende, raggiunta la temperatura voluta (in circa 6-7 ore), infornando nuovamente con l’utilizzo di una particolare pala di alluminio dotata all’estremità di una di griglia. Si distendono le forme sulla superficie del forno affinché via sia massimo due forme sovrapposte. Chiusa la bocca, tipicamente si devono lasciare socchiusi i registri (fino a 10 cm) per permettere l’uscita dell’umidità residua (e perché il pane non diventi rossiccio). Si possono ottenere da 55-60 Kg di pane fresco circa 30 Kg di pan biscotto (in questa ultima infornata si perde in peso un 40-50% di umidità). La biscottatura tradizionale è quella naturale, molto lenta, 40 ore contro le 5-6 di quella forzata.
Tale modalità permette il mantenimento di una fragranza tipica e di un sapore che l’aria forzata della biscottatura industriale fa perdere. Estratto il prodotto, se riposto in sacchetti ermetici in luogo buio, fresco ed asciutto, può durare 3-4 mesi nel periodo estivo e 5 mesi d’inverno.
Il pan biscòto sostituiva nelle case più povere il pane fresco. Tradizionalmente si consuma inzuppato nel latte, nelle zuppe, nel vino, per accompagnare i formaggi e gli insaccati e perfino con l’anguria. E’ ideale per i bambini perché aiuta la formazione della prima dentatura, è più digeribile ed è curativo nei casi di gastriti ed ulcere.
fonte http://www2.regione.veneto.it/