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A produrre la prima cagliata fu forse l’aggiunta di erbe per profumare e insaporire il latte; ancora oggi il fiore del cardo e quello del carciofo vengono usati come caglio, specialmente per i formaggi collinari e montani.
Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che l’uso dei cagli vegetali – in particolare quello del carciofo (Cynara scolimus) risalga al tempo dei Sumeri. Questo antico popolo mediterraneo adoperava i fiori azzurri del carciofo, insieme con il latte, nei riti religiosi.
Messo a contatto con i fiori, il candido liquido cagliava. Secondo un’altra teoria altrettanto attendibile, la scoperta della cagliatura nacque dal fatto che nello stomaco degli agnelli sacrificati si trovava latte cagliato. Si scoprì che lo stomaco essiccato dell’agnello possedeva la stessa prerogativa di quello dell’animale vivo, così come il succo degli stomaci degli animali lattanti: quest’ultimo veniva addizionato – a fini di conservazione – di sale, di vino robusto o di aceto.
Oggi, a distanza di millenni, il caglio animale si prepara con procedimenti biologici, in apposite industrie; persiste comunque la fabbricazione artigianale sia del tipo secco – ottenuto dai villi gastrici essiccati degli agnellini – sia del tipo liquido, ricavato dalla macerazione degli stomaci in apposite sostanze.