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I Romani la chiamavano “uva cibaria”, per distinguerla da quella da vino, e ne erano davvero ghiotti. Ma il consumo di uva da tavola risale ancora indietro nel tempo, forse fino al neolitico, e testimonia che questo dolce frutto ha da sempre sedotto il palato degli uomini. Oggi la produzione mondiale è pari a 70 milioni di quintali e l’Italia ne detiene la leadership.
Questo frutto, da sempre simbolo di vita, è quanto di più prezioso ci dona la terra alla fine della stagione estiva perché costituisce un vero e proprio tesoro di sostanze nutritive che aiuterà il nostro organismo ad affrontare, con una buona dose di dolcezza, il rientro ai ritmi invernali.
L’uva da tavola, come anche l’uva da vino, è il frutto della Vitis vinifera ( o comunemente vite europea), pianta della famiglia delle vitaceae, originaria di una vasta zona compresa fra Europa, Africa del Nord e Asia, poi diffusasi in tutti i continenti. Nel territorio europeo fa la sua comparsa verso la fine del Terziario ma è solo con il Neolitico, e in particolare nella area caucausica, che la pianta viene utilizzata anche per la produzione di uva da tavola.
Furono soprattutto i Fenici a diffonderne, nel primo millennio a.C, la coltivazione tra i popoli mediterranei mentre i Romani, che della cosiddetta “uva cibaria”, erano ghiotti, ne trasmisero la coltura a tutte le popolazioni conquistate, almeno fino dove lo consentiva il clima.
Nel nostro Paese questo frutto squisito prospera un po’ ovunque, con tantissime e prelibate varietà, anche se le uve più idonee per il consumo “al naturale”, ovvero come frutto da mensa, provengono soprattutto dal Mezzogiorno, dove la prolungata esposizione al sole assicura ai grappoli una polpa soda, una buccia sottile e una spiccata componente zuccherina.
Non è dunque un caso se l’Italia detiene la leadership nella produzione mondiale di uva da tavola. Con oltre 15 milioni di quintali prodotti, ovvero il 20% del totale mondiale, pari a 70 milioni, il Belpaese è infatti lo Stato produttore per eccellenza, seguito da California e Cile. Oltre il 65% della produzione nazionale, vale a dire 9,9 milioni di quintali, proviene dalla Puglia; la seconda regione, in ordine di importanza, è la Sicilia, da cui proviene il 25% del raccolto nazionale.Il periodo di commercializzazione della produzione italiana è compreso tra la metà di giugno e la metà di gennaio ma il massimo quantitativo viene raggiunto nel mese di settembre.
Rossa o bianca, con o senza semi, con bacche sferiche o ovali, più o meno dolce. Queste le caratteristiche principali che distinguono le molte varietà esistenti di uva da tavola.
L’uva è il frutto della vite, una pianta arbustiva rampicante appartenente alla famiglia delle Vitaceae (o Almpelidacee). La qualità da tavola, ovvero quella idonea al consumo “al naturale”, deriva dal sottogenere Euvitis, ed in particolare da due specie: la Vitis vinifera (sativa), originaria dell’area eurasiatica e da cui si ottiene anche l’uva da vino, e la Vitis labrusca, originaria invece dell’America del Nord.
Tecnicamente, dunque, l’uva costituisce l’infruttescenza della vite. Il frutto si presenta sotto forma di grappolo ed è composto da un graspo, ovvero la parte legnosa che collega gli acini al resto della pianta, e dagli acini stessi, bacche di piccole dimensioni e di colore variabile, chiaro ( giallo, giallo dorato o verde) nel caso dell’uva bianca, e scuro ( rosa cupo, viola e nero) nel caso dell’uva nera. Le bacche, a loro volta, sono poi formati dalla buccia (10-15%), dalla polpa (80-85%) e dai vinaccioli (5%), che sono poi i semi della vite.
Proprio nella natura degli acini risiede la principale differenza tra uva da vino e uva da mensa; quest’ultima si caratterizza infatti per bacche dalla buccia sottile, dalla polpa compatta e con pochi semi mentre l’uva da vino presenta acini con polpa meno soda e più succosa. Le varietà di uva da mensa prodotte sono davvero molte; tra le più apprezzate vi è senz’altro l’uva Italia, ottenuta incrociando Bicane e Moscato d’Amburgo. Bianca con semi, è la varietà più diffusa e preferita nel mondo. I suoi grappoli infatti, di colore giallo dorato, sono piuttosto grandi ( pesano mediamente 800-900 g) ed hanno un gradevole e delicato sapore di moscato.
Vi è poi la Regina, uno dei vitigni più antichi e diffusi tra le uve da tavola tanto da aver assunto nomi diversi a seconda delle località: in Abruzzo viene infatti chiamata Pergolone, in Sicilia Inzolia imperiale, nel Mezzogiorno è comunemente definita Mennavacca, in Romania Aleppo e in Grecia Razaki. Originaria del bacino mediterraneo orientale, forse della stessa Siria, questa varietà è particolarmente apprezzata per il suo ottimo e dolce gusto.
La varietà Alphonse Lavaleé, ottenuta in Francia nella seconda metà dell’ottocento, ha acini grossi, sferici, con buccia pruinosa e consistente, di colore blu-nero, e polpa croccante e succosa; la Baresana, detta anche Turchesca, Uva Turca, Uva di Bisceglie, Lattuario bianco, Imperatore, Uva Sacra è un vitigno ottimo e di grande qualità, caratterizzata da bacche di un colore giallo dorato chiaro e polpa piuttosto croccante e succosa, dal sapore semplice.
Vanno inoltre ricordate le qualità Pizzutello, caratterizzata da grappoli con acini ovali e a mezza luna, di colore verde-giallo o rosso e polpa croccante; la Cardinal, una delle migliori uve precoci rosse da tavola, ottenuta nel 1939 in California e introdotta in Europa dopo la II guerra mondiale; e, infine, l’uva Zibibbo, diffusa da tempo antico lungo le coste del mediterraneo, ottima per la vinificazione ma anche da mangiare allo stato fresco per i suoi acini grossi, dalla, polpa croccante e dolce con sapore intenso e tipico di moscato.