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Dolce povero dalle numerose varianti perpetuate dalla seconda metà dell’Ottocento a oggi dai ricettari familiari e dalle “fritolare” del Vicentino.
L’impasto a base di pane raffermo ammollato nel latte, piccole quantità di farina, foglie tritate al momento, sale e lievito o bicarbonato, scorza di limone grattugiato o grappa, viene versato a cucchiaiate nello strutto asciugato su carta assorbente e cosparso di zucchero a velo. Nelle variante più ricche destinate ai giorni di festa il riso bollito fino a disfarsi, prende il posto del pane. L’erba amara o matricale chiamata con un nome diverso in ogni borgo: amarella, erba madre, maresina, atanasia, tanaceto, che conferisce un bel colore verde e un sapore amaro e aromatico ma gentile, è una composita con foglie frastagliate e profumatissime, utilizzata per preparare altri dolci tradizionali o frittate
fonte: Il manuale del Borghigiano di Alessandra Calzecchi Onesti