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Nulla è più inebriante e irresistibile di una pasta al nero di seppia! Profumata, fumante e pronta a esser “pappata” all’istante, e senza ipocriti pentimenti
Pietanza talvolta scrutata con circospezione, per via degli inevitabili – ma non certo gravi – “effetti collaterali”. Infatti, già dopo le prime forchettate, bocca e denti inizieranno a “verniciarsi” di scuro, pari al nero delle seppie; questo, ahimè, è una delle ragioni per cui codesta leccornia non è così opzionata come meriterebbe. In più, erroneamente, si reputano le nostre indigeste, in parole povere si teme che dimorino più del dovuto nell’antro digestivo (leggi stomaco). Nulla di più errato, l’importante è non esagerare con le porzioni! Ovvio che abbondando con pasta e condimento qualche problemino digestivo potrebbe prendere le mosse. Piatto, anzi, superlativa ricetta alla portata anche dei meno esperti tra i fornelli, e visti i tempi grami, nemmeno eccessivamente costosa da imbastire. Detto in modo schietto uno sfizio che ogni devoto gourmet dovrebbe concedersi una tantum.
Ingredienti per due commensali: 180 gr. di pasta (200 gr. se siete dei golosi senza speranza), due seppie medie, uno spicchio di aglio, ½ bicchierino di olio extravergine d’oliva, il nero di seppia, concentrato di pomodoro, un calice di vino bianco fermo, prezzemolo, peperoncino secco e pepe bianco. Attenzione al sale – nota assai “pericolosa”: un pizzico ci andrebbe, tuttavia se distrattamente “scivolerete” le vostre seppie saranno da buttare, per cui occhio! Inoltre va rammentato che la cottura della pasta prevede il sale marino grosso, motivo in più per porre congrua attenzione.
Preparazione: iniziare lavando le seppie sotto acqua corrente; quindi, sopra un tagliere, affettarle a listarelle medie ma soprattutto uguali. Il taglio è fondamentale, altrimenti si rischierà di avere “tocchi” di pesce crudi e altri stracotti. Occhio: il sacchetto che serba il nero potete farlo estrarre in pescheria (se occorre anche pulire tutto l’ensemble) – operazione caldamente consigliata per evitare pastrocchi ed errori madornali. Una volta mondato il pesce (oppure tagliato – nel caso l’impresa sia espletata dal cortese pescivendolo) tritare finemente l’aglio; poi imbiondirlo in una casseruola bassa e larga con l’olio extravergine di oliva ma a fuoco basso. A questo punto far convolare a nozze le seppie assieme al fondo d’aglio, insaporirle mescolando con dovizia e unire il vino bianco facendolo evaporare. In seguito aggiungere una presina di concentrato di pomidoro che elargirà un tocco sferzante e leggermente acidulo al sughetto in cottura. A questo punto incorporare il “sacchetto” con all’interno il nero di seppia, uno oppure anche due se le desiderate parecchio “dark”.
Il pesce dovrà cuocere per circa una mezzoretta scarsa a fiamma medio-bassa. La salsa, le seppie insomma, dovranno risultare sì legate ma comunque morbide. Alla fine pepare e salare in scarsa quantità per la ragione sopra esplicata. A parte, in una pentola colma d’acqua, provvedere alla cottura al dente di vermicelli, spaghetti, bavette, tagliatelle o tagliolini –, e vale a dire la pasta lunga che più amate e che più di altre si mischierà al “tetro”sugo delle seppioline. Una volta al dente, scolare e poi versare la pasta nel fondo dove albergano impazienti le seppie; quindi saltare il tutto con vigore per mantecare e legare bene la pasta.
Guai però a unire del parmigiano poiché sarete “scomunicati” da ogni cucina terrena; meglio, invece, una prodiga spolverata di pepe bianco, poco peperoncino e del prezzemolo fresco per conferire sfavillante colore alla ricetta. Servire la vivanda su piatto piano con un ciuffo di prezzemolo al lato della pasta. Come vino, perché no, un raggiante e profumato vino bianco secco che esalterà questo radioso desinare.
Stefano B