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Il Tribunale di primo grado dell’Ue ha dato oggi ragione all’Italia, annullando la decisione della Commissione europea del 2007 che rifiutava a Roma la possibilità di prendere misure eccezionali di sostegno al mercato della carne di pollame colpito della crisi dell’influenza aviaria. La grave epidemia era stata rilevata a tre riprese – tra dicembre 1999 e settembre 2003 – in allevamenti di pollame in Lombardia, Veneto, Sardegna, Provincia autonoma di Trento e in ultimo in Emilia Romagna. Nella sentenza pubblicata dal Tribunale dell’Ue sulla vicenda sull’epidemia di influenza aviaria tra il 1999 e il 2003, precisa che “tanto a livello nazionale quanto a livello regionale, sono state adottate e messe in atto in Italia misure di restrizione alla libera circolazione dei pulcini di un giorno”. Inoltre, “una deroga era prevista, a condizione che l’autorità regionale la autorizzasse. Non risulta da alcun punto della decisione impugnata – prosegue il Tribunale – che la Commissione sia andata a verificare che delle autorizzazioni in deroga siano state rilasciate dalle autorità regionali e abbiano permesso determinate movimentazioni di pulcini di un giorno. La Commissione è quindi incorsa in un errore manifesto di valutazione”. I giudici europei ritengono anche che “a torto, la Commissione ha indicato che le perdite subite dai produttori di pulcini di un giorno erano principalmente il risultato della struttura della filiera di produzione della carne di pollame in Italia e, quindi, delle scelte commerciali degli operatori interessati”. “A torto” ancora, dicono i giudici, “la Commissione ha operato una distinzione fra le perdite economiche causate dalla soppressione dei pulcini di un giorno e quelle dovute alla distruzione delle uova da cova per le quali il processo di incubazione era iniziato ma non ancora terminato”. Questi i principali motivi che hanno indotto il Tribunale Ue ad annullare la decisione della Commissione europea del 7 febbraio 2007 che respingeva la richiesta dell’Italia di adottare misure eccezionali di sostegno al mercato della carne di pollame. Bruxelles ha ora due mesi per impugnare la sentenza.