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Praticano la vendita diretta e frequentano i mercati contadini, hanno un agriturismo o producono energia, e ben il 42 per cento di loro pensa che i corsi di cucina siano una leva per potenziare la redditività dell’impresa agricola.
È quanto emerge dalla ricerca di Nomisma (su un campione di 1.000 imprese agricole diversificate) sulla «Diversificazione economica in agricoltura: dall’agriturismo all’agrinido», commissionata da Fieragricola e L’Informatore Agrario e che sarà presentata oggi alle 15 a Veronafiere (Centro congressi Arena, Sala Rossini).
In Italia sono 108.780 (il 6,5 per cento del totale) le aziende agricole che praticano la multifunzionalità: agriturismi, pet therapy, agrinido, bioenergie, fornitori di agro-servizi sociali e master chef rurali.
Cifre alla mano, dal 2000 al 2010 il valore economico della diversificazione è passato da 5 a 9,8 miliardi di euro, arrivando ad una incidenza del 20 per cento sul totale della produzione lorda vendibile (plv) agricola.
Se ad innescare la diversificazione produttiva in agricoltura restano motivazioni economiche (grazie alla multifunzionalità il 58 per cento delle aziende intervistate ha dichiarato di aver aumentato la propria redditività d’impresa), la scintilla per una nuova avventura imprenditoriale in agricoltura scocca grazie ad un’idea del conduttore (per 1 su 4), ma anche per fattori territoriali: il 20 per cento degli intervistati ha scelto infatti di diversificare per la presenza in aree a forte vocazione turistica.
Calcolatrice alla mano, il fatturato delle attività connesse – secondo la ricerca di Nomisma – incide mediamente per il 31 per cento sul reddito complessivo aziendale. Reddito che risulta in aumento, in particolare, per le aziende medio-grandi (sia in termini di superficie agricola utilizzabile che di fatturato), localizzate in pianura e nel Centro-Nord, il cui conduttore è di sesso maschile con meno di 40 anni.
Rilevante anche la propensione all’investimento multifunzionale: il 61 per cento delle aziende dichiara che nei prossimi 5 anni introdurrà in azienda nuove attività. In pole position, nella graduatoria delle possibili attività da inserire, i corsi di cucina per promuovere prodotti e tradizioni locali (42 per cento).
Ma l’azienda agricola mette nel mirino anche altre opportunità. Il 10 per cento del campione ritiene che possa avere successo l’agri-trekking, i percorsi guidati fra i campi e i boschi, così come la raccolta collettiva dei prodotti agricoli (stessa percentuale). Ma c’è anche chi scommette sul welfare e sul ruolo delle fattorie «sociali», che rappresentano ad oggi una realtà di circa 3mila imprese su tutto il territorio nazionale.
Le due «i» dello sviluppo: internet & international exhibition. Elevato anche il grado di informatizzazione delle aziende multifunzionali. Il 61 per cento infatti utilizza il sito internet per promuovere le attività diverse da quelle agricole e il 51 per cento dispone di un marchio aziendale per la vendita dei propri prodotti.
Alta la percezione di utilità delle fiere: il 70 per cento degli intervistati le ritiene infatti strategiche per lo sviluppo delle attività connesse. Una percentuale che si alza al 74 per cento se si considerano le fiere come «luoghi» per trovare prodotti e attrezzature adeguati all’implementazione di attività diverse da quella agricola. «La ricerca di Nomisma per Fieragricola e Edizioni L’Informatore Agrario – commenta il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – mette in evidenza il ruolo strategico delle manifestazioni fieristiche e conferma la centralità del sistema, che dà impulso a circa il 10 per cento del valore delle esportazioni italiane».
Investimenti futuri e criticità attuali. Dalla ricerca di Nomisma emerge che il 61 per cento delle aziende dichiara che nei prossimi cinque anni introdurrà in azienda nuove attività. In pole position, fra i progetti più gettonati quelli appunto legati ai corsi di cucina (45 per cento), per promuovere prodotti locali e territorio.
Significativo il peso della burocrazia, che per la metà del campione rappresenta un ostacolo all’investimento, ancora più gravoso del reperimento delle risorse finanziarie necessarie (20 per cento).