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L’idea di una tassa sul ‘cibo spazzatura’, allo studio del Governo nel quadro del ‘patto per la salute’, non piace affatto alla Federalimentare, l’associazione che rappresenta le tutte le industrie produttrici del food drink del nostro Paese. “Quella di tassa di scopo destinata a compensare alcune misure di rimodulazione della spesa sanitaria di competenza regionale, è un’ipotesi che non ho difficoltà a definire malaugurata – afferma il presidente Filippo Ferrua Magliani, in quanto la tutela sanitaria dei nostri cittadini non si persegue con le tasse ma con l’educazione alimentare. Non esistono cibi cattivi di per sé: occorre adottare corrette diete e modalità e frequenze di consumo”. E, a questo proposito, Federalimentare ha sottoscritto due protocolli con il Ministero dell’Istruzione per dar vita al piano formativo del programma Scuola e Cibo, e con il ministero della Salute per le azioni condivise nell’ambito del programma Guadagnare Salute, in particolare la auto disciplina della comunicazione commerciale ai bambini e la riformulazione dei prodotti”. Inoltre, prosegue Ferrua nell’argomentare le ragioni della contrarietà all’ipotesi: “esiste una vasta letteratura scientifica che testimonia l’inefficacia di politiche sanitarie rivolte a penalizzare alcuni consumi alimentari ritenuti, impropriamente, come testimoniano molti esperti, dannosi. Oltre alla distorsione di concorrenza e al rinforzo delle spinte recessive, purtroppo già operanti nel nostro Paese, il risultato sarebbe paradossale. I consumatori, costretti a salvare i cosiddetti consumi anaelastici – quelli dei quali, come la benzina, non si può fare a meno – di fronte a un aumento dei prezzi di quelli elastici, dirotterebbero le proprie scelte verso prodotti analoghi, più economici e di peggiore qualità, intaccando in questo modo non solo il potere d’acquisto ma anche la qualità della dieta. L’effetto sarebbe dunque esattamente l’opposto di quello auspicato, generando inoltre gravi effetti sull’occupazione del nostro settore”. (ANSA)