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Nei giorni 4 e 5 aprile 2009 si terrà a Trento la tradizionale fiera della “Casolara” – fiera dei formaggi delle Alpi, la cui tradizione risale al XIII secolo.
Dominica Casolariae era così chiamata a Trento già nel XIII secolo la prima domenica di Quaresima, quella appunto in cui si svolgeva la fiera omonima. Il nome deriva dal latino casearia “luogo dove si fa il formaggio”, la casèra nel dialetto trentino. Caseolarius o casolarius è nel latino medievale il formaggiaio e
caseolaria l’ambiente adibito al deposito e alla stagionatura dei formaggi.
Nel periodo della Quaresima, salvo particolari dispense concesse dall’autorità ecclesiastica a singoli ammalati o all’intera popolazione in occasione di epidemie o carestie, era obbligo per il cristiano astenersi dal mangiare carne e berne il brodo; erano invece permessi i vegetali, le uova, il latte e i suoi derivati, i pesci e i molluschi. Nello stesso periodo a Trento era assolutamente proibito macellare o far macellare animali, vendere carni o introdurne in città. Nei secoli passati non esistevano in città negozi specializzati in prodotti caseari e la fiera della Casolara rappresentava probabilmente l’unica occasione di acquisto.
Al mercato della Casolara era dunque possibile acquistare il formaggio necessario per il periodo quaresimale e la scelta era vasta: si potevano comperare formaggi non solo di produzione locale ma anche di altri luoghi, freschi e stagionati. Nei documenti dell’epoca sono citati il formài brentegano (di Brentonico), rabbiano (di Rabbi), veronese, bressano (di Brescia), lodigiano (di Lodi), parmigiano, paesano, la spressa (di Roncone), il marzolino (mozzarella), la poina de. montagna de vacha, la poina de pegora, i pegorini de Val di Bon (Pieve di Bono). Al commercio dei prodotti caseari s’affiancava sempre quello degli animali e nell’Ottocento la Casolara era indicata come la più importante fiera di primavera della regione, con grande afflusso di forestieri. La fiera durò ininterrottamente nei secoli fino al 1934. Le autorità cittadine garantivano ai mercanti locali e forestieri piena libertà di commercio: secondo gli antichi Statuti, nessuno durante le fiere poteva essere citato in giudizio, arrestato o processato per cause civili o per debiti, se non per debiti o frodi commessi nel corso delle fiere medesime, ed era colpito da pena doppia dell’ordinaria chiunque avesse osato recare violenza od ingiuria ad un mercante. I venditori potevano esporre le loro merci purché avessero ottenuto preventiva licenza dal Magistrato Consolare e solo nei giorni fissati. I commercianti della città, durante la fiera, dovevano chiudere i loro negozi e trasferirsi con le loro merci al mercato. Le merci erano soggette a bollatura da parte di commissari comunali: quelle non bollate erano sequestrate e il mercante processato per contrabbando. Per tutelare gli acquirenti dalle frodi erano nominati dei controllori che vigilavano sui pesi, sulle misure e sulle sofisticazioni.