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In 5 anni il prezzo del gasolio agricolo è aumentato del 37,8% passando da 0,66 centesimi al litro nel 2005 a 0,91 nel 2011. E così i costi energetici per il riscaldamento delle serre sono diventati insostenibili per molti floricoltori che rinunciano, perciò, a produrre determinate varietà ‘calde’ nei mesi invernali impoverendo l’offerta sul mercato. Secondo Salvatore Colonna, presidente del Con.Flo.Mer. (Consorzio per lo sviluppo della floricoltura nel Meridione), con sede ad Ercolano (Napoli), che denuncia anche una perdita complessiva di ettari coltivati in serra di ben il 30 per cento in soli due anni, sono a rischio tutte quelle specie che necessitano di un riscaldamento tra i 12 e i 20 gradi: rose, gerbere, anthurium, lilium orientali, lisanthius, solidago, alstroemeria per citare solo alcuni fiori. Riducendo l’assortimento classico si mette in crisi anche il settore della distribuzione e, inevitabilmente, l’intera filiera. Dimezzata la produzione di rose negli ultimi 5 anni (da 171 ettari nel 2006 a 91 nel 2011), addirittura ridotta di un terzo quella dei lilium orientali (da 190 ettari ad appena 60 nel 2011). “Se non interveniamo subito rischiamo di perdere migliaia di posti di lavoro in pochi anni – dice – il prezzo del gasolio in continuo aumento ha messo in ginocchio la maggior parte delle aziende che non riescono più ad essere competitive rispetto ai colleghi olandesi che usano impianti a metano o a cogenerazione per riscaldare le serre oppure delocalizzano le produzioni di fiori ‘caldi’ in Ecuador, Bolivia, Colombia, Kenya. Se non agiamo subito la metà delle aziende floricole campane sarà costretta a chiudere – conclude Colonna – e noi rischiamo di perdere 10mila posti di lavoro in un paio di anni”. In 5 anni il consumo di gasolio agricolo per riscaldare le serre si è ridotto addirittura del 477 per cento, passando da 33 milioni di litri ad appena 5,7, inducendo molti a coltivare varietà ‘fredde’ o ad utilizzare altri sistemi di riscaldamento.