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Il 66% delle pere italiane (30% delle europee) cresce su campi emiliano-romagnoli concentrati tra Ferrara, Modena e Bologna. Per un tipo, la Abate Fetel, la produzione regionale copre addirittura il 100% dell’italiana. Eppure, nonostante il quasi monopolio, i produttori emiliano romagnoli rischiano quest’anno di vendere a prezzi che non copriranno le spese di produzione. Così stanno studiando un marchio per mettere in comune politiche commerciali, distributive e di marketing. Ispirandosi al modello della Melinda della Val di Non. A rivelarlo è stato l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni all’assemblea di Legacoop Agrolimentare Nord Italia. L’idea è stata discussa nelle settimane scorse da tutti i produttori regionali, che ora hanno affidato ad un gruppo ristretto, assistito dai tecnici della Regione, il lavoro per realizzare il progetto. L’idea suggerita da Rabboni, indipendentemente dalla veste giuridica che si vorrà utilizzare (tra le proposte c’é la realizzazione di un consorzio sul modello del Parmigiano Reggiano), è di utilizzare il marchio Ipg europeo riconosciuto alla Pere dell’Emilia-Romagna, tutt’ora sottoutilizzato dai produttori. Col progetto si mira a darsi regole comuni per l’immissione del prodotto sul mercato, ad investire su mercati esteri creando un fondo che sostenga campagne di distribuzione, e a fare campagne di promozione e marketing. Il progetto potrebbe essere già presentato il 16 aprile al Forum sull’ortofrutta in programma a Bologna con la presenza del ministro Mario Catania. L’idea ha già raccolto l’approvazione di Giovanni Luppi, presidente di Legacoop Agrolimentare, che ha ironizzato sul possibile nome: “la potremmo anche chiamare Perinda…”. (ANSA).