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L’olio d’oliva è uno di quei compagni della nostra vita più ricchi di tradizioni e di significati non soltanto nutrizionali, ma anche antropologici e simbolici. Nulla a che vedere con gli altri oli e grassi alimentari, «poiché per olio si intende soprattutto il succo di oliva, mentre gli altri succhi sono chiamati oli per una somiglianza con quello» (San Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, III, 29, 4).
Queste le parole di † S. Ecc.za Mons. Prof. Marcelo Sánchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, che aprirà l’incontro «Valori e valore dell’olio Italiano» in occasione della presentazione del volume «l’ulivo e l’olio», ottavo titolo della collana «Coltura&Cultura», voluto da Bayer CropScience per contribuire alla comunicazione dei valori delle produzioni agricole italiane.
«Dopo «il grano» e «la vite e il vino», il volume «l’ulivo e l’olio» completa la «triade mediterranea» per eccellenza » afferma Frank Terhorst, Amministratore delegato di Bayer CropScience in Italia. «Naturalmente il nostro sostegno alla filiera è molteplice e in primo luogo si concretizza con l’offerta di soluzioni migliori per ottenere quella qualità, salubrità e sostenibilità economica che le produzioni olearie italiane chiedono, in un momento storico di forte riduzione degli agrofarmaci a disposizione degli olivicoltori italiani. Gli agrofarmaci contribuiscono ad assicurare una costante fornitura di alimenti sani e di alta qualità a prezzi accessibili per tutti i consumatori e sono indispensabili per lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile, altrimenti destinata a decrescere, favorendo l’importazione di prodotti extra europei che non garantiscono gli stessi standard di sicurezza e qualità».
Ma perché un volume e un evento sull’olivicoltura italiana? In un momento critico per il settore, con prezzi ai minimi storici e bassa redditività, è ancora possibile un «rinascimento dell’olio italiano»?
L’olio è uno dei prodotti di punta del made in Italy e sicuramente quello che più immediatamente viene identificato con il Belpaese, un plusvalore che è stato al centro della battaglia sull’etichettatura d’origine e ha indotto diversi gruppi stranieri ad acquistare i marchi storici dell’industria oleica.
Ma il consumatore pur manifestando una maggiore consapevolezza circa lo stretto rapporto che esiste tra alimentazione e salute non ha ancora sufficienti conoscenze per scegliere un «buon olio». Lo conferma una recente ricerca quantitativa sui consumatori di olio, condotta da Daniele Tirelli, Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
«I consumatori italiani» ribadisce Tirelli «sebbene motivati in primo luogo dal prezzo, in virtù delle dilaganti promozioni, cominciano in una parte consistente a richiedere gusto e qualità. L’acquisto sempre più preponderante nelle catene di distribuzione moderna ne condiziona ovviamente il rapporto qualità-prezzo, pur sussistendo una componente non trascurabile del mercato soddisfatta dall’acquisto nei frantoi. La natura di «commodity» dell’olio d’oliva ha fatto sì che la sua cultura di consumo sia fortemente distorta e penalizzata da una serie di stereotipi. Idee sbagliate e preconcette relative ad esempio alla «prima spremitura» o alla «spremitura a freddo» sono indice della grande distanza tra frantoio e consumatore. Questa scarsissima e spesso erronea conoscenza può e deve essere corretta e arricchita di quei valori che appartengono solo all’Italia e che hanno già fatto la fortuna del vino italiano nel nostro paese e all’estero».
In questo scenario complesso, Bayer CropScience in Italia ha riunito tutti i migliori esperti di ulivo e di olio del Paese per esprimere attraverso il libro e il confronto aperto, durante l’incontro, tutti i valori unici, più o meno noti, che possono aiutare l’olio a «restare un prodotto italiano».
Alcuni spunti dai tre coordinatori del volume, un’opera monumentale che ha visto la partecipazione di ben 85 autori dal mondo religioso, accademico, della comunicazione e della filiera.
«La coltivazione dell’olivo in Italia» sostiene Michele Pisante, Università degli Studi di Teramo «identifica paesaggi antropizzati di eccellenza, quale espressione del legame storico e culturale tra l’uomo, l’olivo e le sue tradizioni. L’olivo, pianta molto rustica, è presente in quasi tutte le regioni italiane, riunisce attorno a sé una serie di simbologie e ritualità: dagli antichi significati che la pianta dell’olivo esprime nella tradizione cristiana e nella cultura mediterranea, all’inscindibile legame con il patrimonio storico e culturale locale, che genera quell’identità tipica di grande valore ed interesse per la qualificazione, in uno scenario sempre più competitivo, del nostro Paese. Tutti valori di un sistema di filiera integrato per accrescere il valore percepito dal consumatore, incentivando il consumo dell’olio di oliva made in Italy e posizionando il prodotto sul segmento dell’alta qualità, al riparo dalla competizione basata sul prezzo».
«L’ulivo, pianta millenaria del paesaggio agricolo Mediterraneo, è stato sempre apprezzato per i suoi frutti e per l’olio che, a differenza degli altri oli, si ricava per semplice pressione, alimento che è al centro della dieta mediterranea e vanta ben noti effetti salutistici in relazione al contenuto di acido oleico e polifenoli» afferma Giovanni Lerker, Università degli Studi di Bologna. «Dallo stretto legame tra il sistema produttivo e paesaggistico dell’olivicoltura e la combinazione tra tradizione varietale e innovazione che la ricerca scientifica italiana ha realizzato, nel più ampio contesto di una rapida globalizzazione dei consumi e delle abitudini alimentari, trovano importanti elementi di valorizzazione le DOP italiane, ora più che mai alla luce del nuovo regolamento comunitario, che rende obbligatoria da luglio 2009 l‘indicazione in etichetta dell’origine delle olive come materia prima dell’olio».
«Valori ma anche nuovi scenari: come il controllo di un insetto dannoso, la mosca delle olive, Bactrocera oleae, che arreca gravissimi danni alle produzioni sia a livello quantitativo, con la riduzione della produzione, sia qualitativo, identificabile con alterazioni chimico-fisiche e organolettiche dell’olio».
«Combinare l’incomparabile ricchezza varietale con i nuovi modelli e sistemi colturali rappresenta la sfida del futuro per il settore, se saprà coglierle, dell’olivicoltura italiana» continua Paolo Inglese, Università degli Studi di Palermo. «Nella valorizzazione dell’olio italiano, infatti, crescerà il ruolo del trasferimento delle innovazioni della ricerca scientifica e tecnologica, della competenza tecnica e culturale degli olivicoltori, che producono la materia prima naturale: le olive. Conoscere e valorizzare le fonti di variabilità nella composizione dell’olio di oliva, che lo rendono unico nei diversi territori italiani, sarà un altro degli obiettivi fondamentali da perseguire per la competitività della filiera. Il volume contribuirà in questa direzione a diffondere i saperi e le conoscenze».
«Un vivo ringraziamento va agli 85 autori, appartenenti al mondo delle Istituzioni, della ricerca, della filiera e della comunicazione» sostiene Renzo Angelini, Direttore Marketing e Technical Management di Bayer CropScience. «Insieme sono riusciti a trasmettere, con un linguaggio accessibile a tutti, le infinite chiavi di lettura di questa coltura e del suo eccellente prodotto; dal ruolo sociale, territoriale dell’olio alle potenzialità economiche e salutistiche. Questa sinergia di contributi permette di trasferire al consumatore ancora una volta tutte le conoscenze su questo importante alimento italiano prodotto naturalmente di cui ancora oggi è dimostrata una scarsa conoscenza».
E parlando di conoscenza, si è scelto, nel titolo, di usare il termine Ulivo e non Olivo, volendo sottolineare che questo volume non vuole essere un manuale «tecnico». Chi, per esempio, potrebbe definire «oliveto» quello che, invece, è l’uliveto del Getsemani? Una scelta voluta, quindi, non rivolta al passato, ma alla continuità della storia di questa specie, guardando in modo più approfondito al carattere multifunzionale e culturale che oggi, più che mai, può essere la chiave per garantire la sopravvivenza di quella parte di «ulivicoltura» italiana che è culturalmente e paesaggisticamente fondamentale.
Ulivo, quindi, non olivo, per indicare una strada nuova, piuttosto che per guardarsi indietro.
L’evento «Valori e Valore dell’olio italiano» che si terrà presso Cantina Due Palme a Cellino San Marco (BR), con inizio alle ore 9,30 verrà trasmesso in diretta internet collegandosi al sito http://crop.bayercropscience.it
fonte newsfood